Valerio Vagnoli (1952) si è laureato in letteratura italiana moderna e contemporanea con Luigi Baldacci. Dal 1973 al 2007 ha insegnato in tutti gli ordini di scuola, inclusi gli istituti penitenziari di Firenze. Rimane fondamentale la sua esperienza di maestro nel carcere minorile e nella sezione femminile del carcere di Sollicciano (sembra sia stato il primo docente maschio a ricoprire questo ruolo in Italia) ove peraltro incontrò e lavorò con Antonio Gelardi, già allora un illuminato giovane vicedirettore e in seguito uno dei direttori carcerari più innovatori del nostro Paese. Dal 2007  ha diretto scuole di ogni ordine e indirizzo chiudendo dopo 44 anni la propria attività all'Istituto professionale Saffi di Firenze. E, non a caso, sull'importanza di ricostruire  una autentica formazione professionale nel nostro Paese continua a mantenere  un costante e motivato impegno. Ha fatto parte del “Gruppo di Firenze” e collabora da tempo con quotidiani e riviste.

Alla fine, ma dopo 24 anni di pressoché mancato servizio unito peraltro ad una totale incapacità didattica, culturale e umana («Inettitudine permanente e assoluta», così nella sentenza ), la docente di Storia e Filosofia di Chioggia è stata finalmente licenziata. Si è concluso così con la definitiva sentenza della Cassazione un contenzioso che era iniziato nel lontano 2013. Vale la pena di ricordare che dieci  anni fa, nel processo di primo grado, la professoressa era stata assolta.

Non sono certamente stupito dei  tempi eterni della giustizia né delle sue sentenze tra loro, come solitamente accade ed è accaduto anche in questa vicenda, in palese contraddizione. Né, purtroppo, sono stupito del fatto che solo dopo dieci anni di “servizio” la docente di Storia e Filosofia abbia incontrato qualcuno determinato a prendere finalmente la decisione di avviare un’azione disciplinare nei suoi confronti. Purtroppo è assai raro che l’amministrazione scolastica, anche rispetto a casi così gravi, decida di intervenire a tutela innanzitutto dei ragazzi, delle loro famiglie e degli altri insegnanti (tanto per intenderci quelli veri), che anch’essi subiscono, eccome, le inadeguatezze di colleghi del genere, a partire dalla fatica a ricomporre classi devastate da ore di “lezione” svolte nella più totale baraonda. Insieme a quei docenti caratterizzati da «inettitudine permanente e assoluta» ne esistono purtroppo anche altri che, per esempio, al termine delle loro lezioni (?) lasciano negli studenti un vero e proprio sciame di terrore destinato a volte a rimaner loro addosso anche per l’intera esistenza.

Diciamolo in tutta franchezza: è assai raro che le autorità scolastiche prendano provvedimenti rispetto anche a docenti del genere, cioè  veri e propri personaggi disturbati, soprattutto perché farlo significherebbe precipitare in un turbinio legale che vede i dirigenti scolastici del tutto abbandonati a sé stessi, innanzitutto a causa di una normativa raccapricciante perché smisurata e di conseguenza confusa e incoerente. Almeno due docenti di mia conoscenza, segnati entrambi da disturbi comportamentali ampiamente ripetuti e per questo sanzionati più volte anche con allontanamento dall’insegnamento, hanno poi tranquillamente superato il periodo di prova e sono stati immessi definitivamente a ruolo. Penso proprio che l’evitare problemi, ricorsi e scontri anche ingestibili sia spesso alla base di certe scelte diciamo pure irresponsabili e qualunquiste. Occorre comunque fare presente che il nostro intero apparato scolastico è pressoché privo di ispettori, cioè delle figure chiave per coadiuvare i dirigenti di fronte a problemi di così grave natura. I pochi sono quasi tutti coinvolti nella gestione burocratica e amministrativa degli uffici periferici.

Tanto per fare un esempio, ogni avvio di un qualsiasi procedimento disciplinare, sia per i docenti che per il resto del personale scolastico comporta, peraltro giustamente, quasi sempre un confronto con un apparato sindacale a sostegno della persona oggetto dell’avvio stesso. Un apparato sindacale ben organizzato, in genere molto più di quello scolastico, e pronto spesso a difendere a spada tratta anche l’indifendibile e all’occorrenza coadiuvato dal sostegno di un legale. Ricade ancora sulle spalle dei dirigenti il compito di difendere l’interesse e le ragioni della scuola nel giudizio di primo grado obbligandoli alla redazione degli atti giudiziali e a giustificare davanti al giudice le ragioni delle proprie iniziative, soprattutto quando il dirigente stesso è chiamato in causa da un qualsiasi dipendente che ha impugnato, tramite legale, un suo provvedimento. L’Avvocatura di Stato è esonerata dall’intervenire. Il rischio evidente di pagare di persona e in solido anche rispetto ad un eventuale errore formale nella gestione di tutta la pratica è davvero reale e, anche se moralmente condannabile questo spiega in parte, ma naturalmente non giustifica il comportamento neghittoso di molti dirigenti scolastici di fronte a situazioni del tutto ingiustificabili da parte dei docenti o del resto del personale scolastico. Rischio, quello di pagare di persona, assai concreto perché vi è il dubbio, suffragato dalla conoscenza diretta di alcune esperienze vissute da colleghi e amici per niente inclini a far finta di nulla rispetto alle gravi mancanze di qualche dipendente scolastico, che alcuni amministratori della giustizia ordinaria non si muovano con le dovute competenze rispetto ad un mondo, come quello scolastico, assolutamente complicato e normato in maniera assillante da leggi nazionali, regionali, norme comunali e provinciali, accordi sindacali, contratti di lavoro, regolamenti d’istituto, patti formativi e altro, molto altro ancora.

Anche questo indecifrabile caos normativo serve a capire come mai i ricorsi da parte delle famiglie siano in costante aumento persino per motivi banalissimi e conferma altresì quale possa diventare il clima in quelle scuole che rifiutano di adeguarsi alla prassi corrente del quieto vivere. Così in molti casi si salva il docente lavativo, il molestatore oppure quello del tutto impreparato che, causa le sue profonde voragini culturali e umane, sarà impossibilitato ad acquisire quel ruolo di vero docente che non ha mai avuto e che mai, purtroppo per i suoi studenti, avrà. Capita anche che un docente molto problematico, per evitargli sanzioni disciplinari e per evitare al dirigente un problema spinoso, sia invitato da quest’ultimo a cambiare scuola. Che vada a fare i suoi danni da qualche altra parte! E di fronte a sanzioni ripetute e per questo di competenza dell’Ufficio scolastico provinciale, può essere sempre quest’ultimo a suggerire al docente problematico la soluzione del trasferimento su domanda. Soluzione per modo di dire, visto che poi saranno altri malcapitati allievi a doverlo subire. Scelte comunque che spesso mettono d’accordo tutte le controparti perché si evitano così contenziosi dall’iter lunghissimo, burocrazie ingestibili e, come talvolta si sente dire dagli addetti ai lavori, “inutili perdite di tempo”.

Naturalmente l’approdo per la gran parte di questi docenti è un istituto professionale ove gli allievi sono meno esigenti e i cui genitori sono spesso meno attenti alla vita scolastica dei loro figli e magari ancora intimoriti, rispetto al prendere posizione contro i docenti inadeguati, dal prestigio che la scuola dei loro tempi era ancora in grado di garantire. Istituti professionali in procinto di essere definitivamente distrutti da riforme indecorose di cui si è parlato più volte e anche a lungo in altri interventi. Scuole che si salvano ancora grazie alla presenza di gruppi di docenti straordinari che hanno scelto di operare nelle periferie e nelle scuole di frontiera, sperimentando e applicando sistemi didattici eccellenti (di solito ignorati dalle autorità ministeriali), perché spesso creati e inventati “in situazione” e per quella  particolare situazione in cui hanno scelto di operare. Ma quanta fatica per docenti del genere e per quei dirigenti che non fanno finta di niente. E quanta fatica e pazienza per quei ragazzi che magari rifiorirebbero e troverebbero la propria strada se durante il loro percorso formativo avessero davvero l’opportunità d’incontrare un bravo docente che in quella particolare materia facesse scattare nella loro anima passione e interesse.

Diciamocela tutta: le minoranze di docenti con i loro comportamenti, le loro ignoranze, le loro neghittosità, le loro umane e irrecuperabili difficoltà, le loro nevrosi, le loro sofferte frustrazioni, furbizie, immoralità non devono più avere accesso alle aule scolastiche. Perché questo avvenga è opportuno che ognuno faccia la propria parte (governi, ministero, uffici scolastici territoriali, dirigenti scolastici, associazioni professionali e studentesche, sindacati che hanno a cuore il destino dei ragazzi e delle loro famiglie più svantaggiate), affinché tutti i docenti possano dedicarsi agli allievi con la competenza e l’affabilità umane che si richiedono a dei veri maestri. Che scuola è quella in cui si può correre il rischio d’incontrare qualcuno retribuito per farci disimparare e disamorare della cultura e della nostra giovinezza? Pensare che gente del genere si possa incontrare una tantum e solo a Chioggia è una pura follia.

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