Andrea Capo (1998) si è laureato in Mediazione Linguistica e Comunicazione Interculturale presso l’Università degli Studi "Gabriele d’Annunzio" di Chieti-Pescara. Ha conseguito il titolo magistrale in Relazioni Internazionali presso l’Università Roma Tre. Le sue aree di interesse riguardano lo studio della geopolitica, dei processi di democratizzazione e involuzioni democratiche, con un focusin Asia centrale e Africa orientale.

Recensione a: P. Grilli di Cortona, Come gli Stati diventano democratici, Laterza, Roma-Bari 2009, pp. 208, € 19,00.

Cos’è una democrazia? Quali sono le problematiche nell’abbracciare un sistema democratico e quali, invece, le possibili vie per svilupparlo? Queste sono alcune delle domande che si pone Pietro Grilli di Cortona nella sua opera Come gli Stati diventano democratici (2009).

Sebbene da anni ormai si è riscontrata una certa convergenza nella definizione generica del concetto di democrazia, l’idea stessa di sistema democratico ha impegnato moltissimi studiosi. Tra questi, Joseph Schumpeter, Leonardo Morlino e Juan Linz si sono profusi in lunghe riflessioni, da cui sono emerse alcune differenziazioni semantiche che meritano di essere qui esaminate. Infatti, stabilire una concezione universale di democrazia è difficile, in quanto l’influenza di una moltitudine di fattori storici e culturali hanno permesso la generazione di differenti interpretazioni. Basti pensare ai termini di “democrazia classica”, “democrazia competitiva”, “democrazia liberale” o “democrazia popolare” per capire quante idealizzazioni diverse di democrazia esistano.

L’origine del termine stesso di democrazia, coniato per la prima volta dagli antichi greci, indicava un concetto molto lontano da quello comunemente associato ai giorni nostri. Infatti, agli occhi di un lettore moderno, la dēmokratía degli ellenici potrebbe essere considerata come una forma autoritaria di potere, in quanto contemplava la totale sottomissione dell’individuo al corpo sociale, ignorando una visione che prendeva in considerazione l’autonomia del singolo. Come ha spiegato a suo tempo Benjamin Constant in De la liberté des anciens comparée à celle des modernes (1819), la libertà delle società classiche dipendeva dall’esercizio diretto della politica, funzione fondamentale della sovranità popolare: l’individuo era libero solo in quanto membro della comunità.

Molto diversa è invece la concezione di democrazia odierna, che si allontana decisamente dal significato che ne davano gli antichi. Con l’avvento dell’età moderna, il termine democrazia ha modificato il suo valore. In generale, gli aspetti più comuni associati all’idea di democrazia attuale sono il rispetto delle norme costituzionali, presenza di elezioni e la garanzia dello stato di diritto.

Tuttavia, al di là delle varie definizioni inerenti al principio di democrazia, l’Autore sostiene che è possibile stabilire esattamente il perimetro di un sistema democratico dal punto di vista politologico. Come afferma Giovanni Sartori in Democrazia e definizioni (1957), la democrazia può essere definita come «un sistema etico-politico nel quale l’influenza della maggioranza è affidata al potere di minoranze concorrenti che l’assicurano» (p. 105). La democrazia, più che un valore etico che può variare in base alla sensibilità delle persone, sembra essere innanzitutto un sistema nel quale i cittadini partecipano spontaneamente alla politica e si abituano ad accettare e rispettare le norme che la regolano, come le competizioni elettorali. Queste ultime devono consistere in elezioni libere, corrette, ricorrenti e competitive e devono garantire il diritto delle minoranze di diventare maggioranza, seguendo una logica di inclusività. Questi sono i punti necessari per distinguere una democrazia da un regime non democratico, che si caratterizza, invece, per una mobilitazione totale e pervasiva delle masse nella società.

Oltre alla presenza del pluralismo politico-economico, che garantisce l’esistenza di una società aperta e liberalizzata, un altro aspetto importante per il funzionamento dei sistemi democratici è la presenza di istituzioni politiche autonome, non politicizzate e libere da ogni forma di controllo statale. In particolar modo, la magistratura e l’esercito devono essere indipendenti dalle influenze del governo e assicurare il rispetto della rule of law e delle norme costituzionali.

La diffusione di questo modello, sostiene l’Autore, ha conosciuto un periodo di arresto fino alla prima metà del Novecento dovuto alla presenza di totalitarismi e autoritarismi in Europa, ma ha ripreso a crescere verso la fine della seconda guerra mondiale, raggiungendo un picco significativo tra gli anni Ottanta e Novanta.

Sulla scia di Samuel Huntington, Pietro Grilli di Cortona affronta le fasi della democratizzazione, illustrando dettagliatamente il processo verso la democratizzazione. Questo percorso, conosciuto come transizione democratica, consiste nel risultato di una combinazione di fattori variabili, che sono fortemente legati alle specifiche caratteristiche di un regime.

Quando l’élite di un regime non democratico sperimenta una crisi di legittimità e perde margini di potere, capisce che il modo migliore per evitare una catastrofica rivolta è quello di sedersi ad un tavolo per negoziare una fuoriuscita dignitosa. In questi casi, i vecchi governanti non riescono ad evitare processi che li vedono coinvolti in abusi e crimini contro l’umanità ma trovano il modo di riciclarsi nella nuova élite. Questo è stato il caso della democratizzazione pactada avvenuta in Sud Africa, Bulgaria e nella Spagna franchista dove la vecchia leadership ha agito scaltramente per evitare spargimenti di sangue e ulteriori crisi politiche. Nel caso opposto, quando vi è una leadership più conservatrice, il governo non scende a compromessi con la società civile e non riconosce la necessità di riformare il Paese. Qui la transizione democratica può avvenire solo grazie ad una rottura violenta che si manifesta mediante una rivolta popolare o colpo di stato.

Come spiega l’Autore nel suo volume, il sistema politico democratico, tipico dei Paesi occidentali, non è per tutti: non bisogna cadere nell’errore di illudersi che questo modello possa essere replicato in ogni società e cultura. Lo sviluppo di una democrazia liberale è un processo assai complesso e richiede il rispetto di precise regole e procedure che non tutti i Paesi sono disposti ad accettare. La storia contemporanea è ricca di esempi di democratizzazioni fallite, talvolta con esiti tragici, come dimostrano i casi Iraq e Libia. Infatti, il cammino che porta al consolidamento democratico non è affatto un risultato scontato. La sola volontà di diventare democratici non è sufficiente per poter effettivamente liberare un regime da un passato autoritario e il rischio di sviluppare nuovi autoritarismi o democrature è sempre dietro l’angolo.

Come ricordano i celebri politologi Linz e Stepan in Transizione e consolidamento democratico (2000), i requisiti minimi per l’avvio di una corretta transizione democratica

risiedono in primis nella liberalizzazione della società, che permette la creazione di un pluralismo politico e la conseguente formazione dei primi partiti di opposizione. Successivamente a ciò, l’élite al governo deve riconoscere lo strumento della competizione elettorale come principale mezzo di legittimazione politica e impegnarsi nel garantire la tutela delle minoranze e dei rivali. A questo, con il tempo, deve venirsi a creare una cultura democratica che permette il consolidamento del sistema. Quest’ultimo è reso possibile solo quando i cittadini si abituano a percepire il modello democratico come unica alternativa politica praticabile, rendendo evidente che una regressione autoritaria non costituisce più una possibilità reale.

Altri fattori interni che facilitano la formazione di un governo democratico e liberale, spiega Grilli di Cortona, sono la presenza di una società civile forte e coesa, una cultura politica favorevole ad un modello egualitario e la presenza di un sistema economico all’insegna del libero mercato. Tuttavia, esistono anche fattori esterni che incoraggiano la fioritura di democrazie. Uno di questi avviene per “contatto”, ossia a causa di ragioni geografiche. Ciò accade quando Paesi democratici, trovandosi in prossimità con regimi non democratici, influenzano il vicino diffondendo il loro modello politico. È il caso dell’Ucraina che, trovandosi contesa tra le democrazie europee e l’autocrazia russa, ha intrapreso un processo di democratizzazione a inizio anni Duemila.

Un altro fattore che spingerebbe per la diffusione di un sistema democratico è lo Zeitgeist. Infatti, come ricorda Samuel Huntington ne Lo scontro delle civiltà (1997), la terza ondata di democratizzazione è stata resa possibile a causa del periodo storico favorevole per il modello liberale, dovuto alla crisi degli autoritarismi del blocco comunista e al conseguente collasso di molti regimi non democratici in Europa orientale e America Latina.

Quando la democrazia non riesce ad essere partorita direttamente dalle forze popolari, può essere sponsorizzata anche da attori esterni. Questo meccanismo consiste in un insieme di politiche di condizionalità mirate a modificare l’evoluzione interna di un regime non democratico, spingendolo a liberalizzare la società. Le azioni sanzionatorie verso Venezuela, Iran o Bielorussia, più che punire singoli comportamenti, aspirano a indebolire i modelli politici di questi Paesi, con il fine di spingerli verso il cambio di regime. Tuttavia, come testimoniano i casi più resilienti di Cuba e Corea del Nord, non sempre le democrazie liberali riescono a perseguire questo obiettivo e, talvolta, possono addirittura spingere nella direzione opposta. Il caso estremo di diffusione esterna della democrazia è quello dell’imposizione che si verifica manu militari a seguito di una sconfitta bellica. Il fattore determinante che ha prodotto una transizione democratica in Europa nel secondo dopoguerra, risiede, infatti, nella disastrosa sconfitta militare dell’Asse che ha reso possibile la destituzione della vecchia leadership.

In conclusione, quest’opera non pretende di raggiungere un significato universale del concetto di democrazia. L’Autore propone, invece, uno studio sulle principali dinamiche inerenti al concetto politico di democrazia e illustra chiaramente il suo processo di formazione, prendendo in considerazione tutti i problemi e le particolarità che la riguardano. Come si evince dagli argomenti trattati, l’accettazione di un sistema politico complesso ma affascinante come quello democratico, richiede il rispetto di principi e valori che non tutte le società dispongono. La democrazia è un abito che ormai nessuno più rinuncia ad indossare; persino dal punto di vista psicologico, qualsiasi governante o despota si percepisce, in qualche modo, democratico. Tuttavia, ciò non lo rende effettivamente tale. Il sistema democratico deve nascere in seno alla coscienza dei popoli ed essere un prodotto naturale partorito dalla maturità della società civile. Esso garantisce l’alternanza di potere senza ricorrere a lotte intestine, tipiche invece dei regimi autoritari. Pertanto, come ricorda Friedrich Von Hayek in The Constitution of Liberty (1960) «la democrazia è l’unico modo di pacifico mutamento scoperto finora dall’uomo».

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