Francesca Mariani frequenta il quinto anno del Liceo classico "Marsilio Ficino" di Figline Valdarno (FI).

Recensione a
W. Tevis, La regina degli scacchi
Mondadori, Milano 2021, pp. 324, €14.00.

Qualche settimana fa, grazie al consiglio di una mia conoscente, ho avuto l’opportunità di leggere questo romanzo di Walter Tevis. Inizialmente, per come era descritta la trama, non mi convinceva molto; tuttavia, dando un’occhiata alle recensioni (non solo del libro, ma anche relative alla serie televisiva ispiratasi a quest’ultimo), ho cercato di dare spazio a tale lettura. Devo dire che non mi aspettavo un romanzo così coinvolgente.

Tralasciando i primi capitoli, nei quali dovevo capire più nel dettaglio la situazione che avevo di fronte, ho finito in un attimo il resto delle pagine; questo perché La regina degli scacchi rende impossibile distorcere lo sguardo dagli avvenimenti che si susseguono. Ogni pagina ti cattura e ti travolge con un’intensità che non avevo mai riscontrato nelle mie letture precedenti (tranne alcune eccezioni). È dunque un peccato interrompere la lettura per dedicarsi allo svolgimento di altre azioni (nel mio caso, ero occupata con la scuola).

La trama del libro è incentrata sulla figura di Beth Harmon, una bambina senza genitori che finisce in un orfanotrofio e dove, purtroppo, verrà a contatto con delle pillole verdi. Quest’ultime accompagneranno Beth dall’inizio fino alla fine del romanzo, poiché le permettono di vivere in tranquillità, impedendole di concentrarsi sugli avvenimenti negativi che la circondano. Al centro del libro, però, non ci sono solo le pillole, ma anche gli scacchi. Di fatto, la bambina scopre una notte il custode giocare una partita con questi ultimi e, da qui in poi, Beth sarà così attratta dalle piccole pedine che vorrà applicarsi interamente su quelle. La sconfitta per lei è inaccettabile, più di una volta la vedremo intenta a rimproverarsi per aver sbagliato più mosse o, addirittura, una sola sulla scacchiera. Deve conoscere sempre tutto (sia circa le sue manovre che quelle dell’avversario), oltre a voler primeggiare in ogni gara. Inoltre c’è molto spesso una mancanza di comunicazione, sostituita dall’aggressività.

Per tutti questi elementi, non considero la protagonista il mio personaggio preferito, nonostante abbia un carattere decisamente particolare. Beth mi ricorda in qualche modo la semplicità della vita (come il fatto di apprezzare le librerie, oltre agli scacchi, e di ricordarmi la serenità che si prova nel rimanere in casa mentre piove, sempre accompagnata da un buon libro), ma al contempo non passa inosservato il suo senso di attaccamento agli oggetti. Come con gli psicofarmaci, Beth sembra sviluppare il medesimo amore-ossessivo con gli scacchi (quasi preferisse quelli alle persone, in alcune situazioni). Si parla di tematiche, dunque, anche molto pesanti (basti pensare alle “semplici” pillole verdi o all’alcool, dai quali la protagonista sviluppa una dipendenza), ma allo stesso tempo non manca una denuncia all’epoca in cui Beth stava vivendo. Vediamo, di fatto, il ruolo della donna in una società maschilista e molto chiusa, dove i giocatori coi loro scacchi la rappresentano metaforicamente. Una donna non poteva in alcun modo gareggiare contro gli uomini (spesso Beth viene guardata di sbieco, specialmente all’inizio, dagli altri concorrenti maschili). Tale condizione viene amplificata dalla Guerra Fredda, la quale obbliga in qualche modo gli americani, se vogliono battere i russi, ad affidarsi ad una donna, presentata quasi come un’aliena, poiché il suo talento non è possibile riscontrarlo in nessuno dei tanti giocatori di scacchi proposti.

Il finale del romanzo mi ha colpito molto, anche se avrei preferito un elemento in più (che, però, non posso rivelare, altrimenti questa recensione diverrebbe uno spoiler). Per questo darei un voto pari a quattro su un massimo di cinque, sia per lo stile di scrittura (avvincente, accattivante, mai pesante, ti tiene fino alla fine col fiato sospeso), sia per i numerosi temi trattati, sia perché mi aspettavo decisamente un romanzo pesante ed invece è stato il contrario. Nonostante tu non possa essere un amante o appassionato degli scacchi, questo libro ti regalerà le stesse emozioni illimitate, non ho dubbi al riguardo. Ho trovato, infine, molto suggestiva la copertina del libro: Beth Harmon che fissa il suo prossimo concorrente con uno sguardo ipnotico, appoggiata su una scacchiera avente non solo pedine, ma anche alcool e un vasetto di pillole verdi.

Loading