Gabriele Bini è laureato in Scienze dell'Informazione all’Università di Pisa. Ha lavorato presso aziende di consulenza informatica italiane e alle sedi ESTEC e ESAC dell’Agenzia Spaziale Europea. Pubblica scritti e riflessioni di carattere sociologico, politologico e storico sul blog “Parole (meno) sante”.

Per il lettore che si avvicini alla storia è difficile comprendere veramente l’atmosfera di un’epoca anche non troppo lontana dalla nostra. Le date, i nomi, gli eventi famosi ma anche la “descrizione” dei sentimenti popolari non sono sufficienti a renderci partecipi del tempo. In altre parole si rischia di rimanere distaccati: razionalmente capiamo quali siano la logica e la mentalità di un’epoca ma, senza una comprensione più profonda, c’è il pericolo di valutare scelte e conseguenze con criteri moderni. Questo può portare ad interpretare erroneamente l’evoluzione di alcuni eventi o, al contrario, a non coglierne le peculiarità.

Talvolta è però possibile leggere direttamente delle cronache coeve e da queste ricavare con grande precisione i sentimenti e le pulsioni di un passato che ci diventa così molto più comprensibile e vivo, che non osservandolo attraverso opere posteriori di molti decenni o, addirittura, secoli. Un libro di questo genere è Storia delle cinque gloriose giornate di Milano nel 1848 di Antonio Vismara del 1873 (scaricabile gratuitamente da Project Gutenberg: https://www.gutenberg.org/ebooks/46941).

Come si intuisce dal titolo si tratta della cronaca delle cinque giornate di Milano scritta a 25 anni di distanza e a unità d’Italia compiuta. 25 anni non sono pochi ma neppure tantissimi, del resto equivale a scrivere oggi, nel 2021, di eventi avvenuti nel 1996. Molti dei protagonisti di quella vicenda dovevano essere ancora vivi e si intuisce che l’Autore ne abbia consultati diversi per documentarsi.

Leggendo questo libro si riesce così a capire i sentimenti di un periodo, il Risorgimento, che l’istruzione scolastica ha ormai stereotipato in pochi nomi, date e battaglie. I protagonisti del tempo non sembrano più persone con aspirazioni, paure e desideri reali, ma personaggi di un film dalla trama scontata, un po’ esaltati, che si ribellano spesso ma con scarso successo agli austriaci senza capire quanto sia necessario il sostegno della Francia. Ma per comprendere veramente i pregi di un’opera di questo tipo non la si deve riassumere. Piuttosto va invece lasciata “parlare”: qui di seguito riporto alcuni passaggi particolarmente curiosi ed interessanti. Ovviamente sono solo un assaggio dell’intero contenuto, ma credo che rendano bene l’idea dell’utilità della lettura di quest’opera o altre analoghe.

I milanesi, prima di ribellarsi apertamente, usano l’astuzia contro la forza:

Non essendo possibile rifiutare il pagamento delle tasse dirette, giacché colla forza si sarebbero con maggiori danni dei contribuenti percette, si ideò di ricusarsi alle tasse indirette, astenendosi dal fumare e dal giuocare al lotto: con ciò si sarebbe danneggiato l’erario imperiale, e sarebbe stato questo un mezzo per mantener vivo il sentimento d’opposizione liberale e per abituare il popolo all’unione de’ propositi.

Nel caos dello scontro si perde il senso delle motivazioni della parte avversa che diviene solo un nemico feroce:

il rombo delle materie cadenti, e il fischio delle palle che s’incrociavano nel fulminar la casa, le grida furiose dell’una e dell’altra parte, produceva un concento diabolico, e presentava un quadro spaventoso, cui è sol capace di ridurre in atto l’odio feroce degli uomini che si scannano o si schiacciano vicendevolmente e senza pietà: — e che si scannano spesso perché, ragionevoli come pretendon essere, più irragionevoli si dimostran de’ bruti col trucidarsi a vicenda con furore insano e per causa il più spesso che non li riguarda davvicino; qual era in fatta la lotta impegnatasi tra Milanesi e soldati, nella quale le parti più non si capivano, non comprendendo alcuno che, pugnandosi per la libertà e la indipendenza da forastiero governo, i soldati inferocivano per causa non propria nella lotta, anzi in causa di chi li teneva aggiogati sotto ferrea disciplina; — e i cittadini da lor parte non comprendevano nel furor della lotta che que’ soldati ch’erano contro a loro non eran altro che giovani strappati colla violenza dal seno di lor famiglie per tramutarli col più fiero dispotismo d’inumana disciplina in altrettanti strumenti de’ capricci di un uomo.

Infatti:

Gioia invero feroce quella di gioire sulla morte di un uomo, a qualunque nazione appartenga od a qualunque opinione, ma è un necessario effetto di quella terribile concitazione che vien generata in una lotta di sangue.

In ogni epoca c’è chi cerca di tenere i piedi in due staffe:

Il conte Casati, uom timido, misurato, spinto a mescolarsi nei pubblici affari dalla sua qualità di primo magistrato del Municipio, piuttosto nemico della dominazione austriaca che partigiano di libertà, e non curante meno di sé che della patria, aveva, in tempi varii e secondo i casi, ricevuto onori dall’imperatore d’Austria e dal re sardo; perocché, prevedendo la nimistà che doveva bentosto dividerli, non sapeva da quale parte tenersi, ed attendeva con ansia gli eventi per gettarsi dal lato del padrone che vedesse dalla fortuna favorito.

La contro propaganda dei milanese viene scritta sui muri:

Se tu senti alcun che è spia
Di’: È un raggir di polizia
Per distrugger l’influenza
Di fraterna confidenza.

Questi versi alludevano ai raggiri della polizia austriaca di far credere come suoi confidenti gli eccellenti patrioti onde screditarli presso le masse popolari.

Difficile dire dove finisca la cronaca e inizi la retorica:

Pochi erano i difensori ch’entro vi si trovavano, ma tutti risoluti a vender cara la vita ed a non capitolare col nemico. Eranvi fra i difensori molti ragazzi, i quali mostrarono come per la libertà anche l’adolescenza sappia morire.

Forse con un po’ di stupore paternalistico viene riconosciuto il ruolo attivo nei combattimenti di molte donne:

Luigia Battistotti, nativa di Stradella, d’anni 24, ed abitante in Milano alla Vettabia, fu la prima a costrurre barricata nel suo quartiere: strappata ad un soldato la pistola che impugnava, intimò ad altri cinque d’arrendersi e li fece prigionieri: deposta quindi la gonna, e indossati abiti della compagnia dei fucilieri volontarii sotto il comando di Bolognini, impugnò il fucile e furiosamente combattette, e sempre apparve nelle prime file ove maggiore si presentava il pericolo; e per cinque giorni non abbandonò le armi, nè la pugna.—Giuseppina Lazzaroni, giovanetta delicata, si sottrasse ai parenti mentre più ardeva la pugna, impugnò un fucile e, accompagnata dal fratello Giovan Battista, portossi a Porta Comasina, ove il nemico, numeroso e ben provveduto di artiglieria, manteneva ardente fuoco di fucileria e dei grossi pezzi; là ella affrontò le palle e la mitraglia nemica ed operò prodigiosi fatti di valore. Anche fuor di Milano si dimostrarono amazzoni valorose, fiere spartane; in Acquate Angela Martelli volò al soccorso di Milano con altre quindici donne.

E anche ragazzi giovanissimi fanno la loro parte:

A porta Orientale tre volte il Tedesco arditamente si spinse verso S. Damiano, e per tre volte fu arditamente respinto e ricacciato lontano: l’entusiasmo eravi grandissimo: una palla di cannone avendo portato via tutta una gamba ad un ragazzo di 12 anni, egli sclamò: “Benedetti coloro che muojono per la patria!”.

Una riflessione più profonda di quanto possa sembrare a prima vista:

Il disinganno gli mietette ben tosto l’illusione preconcetta, comprendendo dalla triste esperienza dei fatti che gli eserciti non sono altro ne’ paesi non liberi se non stromento di tirannide e nulla più: che la organizzazione stessa della milizia è diretta ad invilire lo spirito umano, distruggendo le affezioni di famiglia, di amicizia, di patria, per sostituirvi un ridicolo spirito di corpo, che si risolve in ultima analisi a far degli uomini tante macchine e null’altro, tanti strumenti e nulla più del capriccio di un regnante.

Compromesso politico per far contenti tutti:

Deliberossi poscia di non assumere alcun colore repubblicano né monarchico, onde rimuovere qualunque occasione di dissenzione fra i cittadini, ma di porre in fronte a tutti gli atti: “Italia Libera”.

Non potevano poi mancare accenni alla crudeltà dell’esercito occupante (per quanto l’autore premetta di non essere certo della veridicità dello specifico episodio):

Atroce fatto, narra Tettoni, successe nella casa di certo signor Torelli, verso S. Marco, nella quale tenevasi osteria. Gli Austriaci sforzarono la porta, ed, entrati, uccisero il cuoco ed altre tre persone dopo averle martirizzate in ogni modo; poi, arrostiti vivi due bambini e cacciata nel ventre ad una donna incinta a varie riprese la bajonetta, diedero fuoco alla casa, ritirandosi quindi nel palazzo del Generale Comando.

Molti altri passaggi sarebbero degni di interesse ma credo che si possa già comprendere come opere di questo tipo siano in grado di farci apprezzare lo spirito, e in special modo il coraggio, di un’altra epoca, purtroppo molto lontana.

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