Stefano Berni (1960) è docente di Filosofia e scienze umane nei licei. È stato professore a contratto presso la cattedra di Filosofia del diritto dell’Università di Siena, assegnista e dottore di ricerca. È tra i fondatori e nel comitato scientifico della rivista “Officine filosofiche” dell’Università di Bologna e Presidente della Società Filosofica Italiana di Prato. Le sue ultime pubblicazioni sono: Potere e capitalismo. Filosofie critiche del politico (Pisa 2018); Etiche del sé. Foucault e i Greci(Firenze 2021); L'alchimia del potere. La filosofia politica di Hannah Arendt (con Antonio Camerano; Milano 2022).
Il complottista è l’esatto contrario e opposto del verificazionista scientifico. Ma in realtà si assomigliano molto, perché per entrambi esisterebbe qualcosa come la Verità. Di fronte agli scienziati, molti suppongono che questi siano sempre al di sopra delle parti, che stiano dicendo sinceramente la verità e che la loro verità combaci perfettamente con il reale autentico. Come gli scienziati, anche i complottisti sono sempre convinti che la loro verità sia evidente e incontrovertibile. Questo complottismo, come la scienza che denigra, si affida solo a sé stesso, è autoreferenziale e crede di autocorreggersi.
D’altra parte, anche la scienza considera il complottismo come un tentativo che tenderebbe a minare le verità consolidate: anzi, il più delle volte, è visto come stupido e ingenuo, non tanto perché esso voglia confutare la verità del potere ma più semplicemente perché non utilizzerebbe il “grande metodo scientifico” affidandosi perlopiù a posizioni inverosimili e strampalate.
Insomma, il potere, paradossalmente, trova linfa vitale nel complottista, in particolare quando quest’ultimo propone una teoria antitetica alla scienza facilmente contestabile, non per la sua pretesa di una presunta verità certa e autentica ma perché non è suffragata da nessuna prova scientifica alternativa.
In effetti, quale pericolosità scientifica e sociale potrebbero avere teorie come quella del terrapiattismo o quella della credenza negli extraterrestri? Ma in realtà e soprattutto: quale lobby o potere nascosto tali teorie metterebbero in dubbio o contesterebbero? Quale guadagno trarrebbero dalle loro credenze, questi squinternati, se non la vendita di un po’ di merchandising? In realtà, tale spauracchio serve solo al potere per dire: “Vedete cosa accade a chi non crede alla scienza? Si cade in queste simili assurdità a causa di persone pazze, malate, paranoiche e dunque pericolose”!
Come si può capire bene, invece, le critiche ai vaccini, alla produzione di auto falsamente ecologiche o a chi costruisce presunte macchine intelligenti, avrebbero una ricaduta politica, sociale e economica molto più grave per l’establishment. Senza volere entrare in merito all’efficacia dei vaccini anti Covid, non si può non considerare che la loro vendita agli stati abbia procurato guadagni enormi ad “alcune” multinazionali del farmaco, e che una parte dei costi per il mancato introito sia stato ripartito ampiamente fra ogni cittadino. Lo stesso schema si riprodurrà a breve per l’insufficiente incasso delle vendite delle auto elettriche, i cui mancati ricavi delle industrie automobilistiche ricadranno interamente sulla cittadinanza. Altro che liberalismo! Ormai è evidente a tutti che i profitti sono di pochi privati, i costi ricadono sullo stato, ossia sui cittadini stessi.
Insomma, la scienza oggi, come l’anti-scienza dei terrapiattisti, è da un lato autodeterminata e autoreferenziale, dall’altro dipende soprattutto da logiche economiche, benché finga di essere autocritica, libera e democratica. Infatti, spesso, non è interessata alle possibili conseguenze sociali delle sue scoperte o delle sue invenzioni, dato che queste conseguenze dovrebbero riguardare e rimandare solo alla sfera politica, la quale avrebbe il compito di vigilare e prendere decisioni autonome a favore dei cittadini.
Ma se gli interessi economici e i guadagni delle corporation sono enormi; se la politica non è più un’autorità autonoma e sovrana ma dipende ormai interamente dal potere economico e finanziario; se tra sapere, potere e verità l’alleanza è stringente; se la pretesa di verità è spesso un’etichetta che il potere dei media a sua volta costruisce; allora non ci rimane altro che provare a distinguere il complottismo dalla critica filosofica, cioè dal sospetto (l’unico modo, salutare e democratico) che non tutti gli scienziati, non tutte le case farmaceutiche, non tutti i politici siano onesti e che vogliano davvero aiutare l’umanità.
Invece (ma si capisce il perché) il semplice sospetto filosofico viene immediatamente derubricato a complottismo e confuso e immerso in una panoplia di immagini e di discorsi sovradeterminati. Non è più la mancanza di informazioni, infatti, che non permette la conoscenza della verità ma la ridondanza di comunicazioni false e poco attendibili che “inquinano il pozzo dell’informazione” non permettendo di riconoscere la notizia vera da quella falsa. In questa condizione supermoderna ‒ dove ormai non si riconoscono più le regole del gioco, le fonti autentiche delle informazioni attendibili, il vero dal falso (a fortiori con l’avvento della I.A.) ‒ è inutile richiamarsi alla Verità. Chi si appella ad essa è il potere stesso, che chiama verità proprio il contrario: il potere ci “sguazza” nella menzogna, dato che solo lui sa la verità, o perché la costruisce o perché conosce e controlla la fonte autentiche, guardandosi bene dal rivelarle, con buona pace di Arendt, la quale sperava fosse ancora possibile ritrovare i documenti autentici per smascherare il potere.
Sollevare dubbi ‒ per sostenere, non tanto che lo scienziato difenda una teoria falsa, non tanto che sbagli, non tanto che cada in errore, quanto perché, scientemente, è portato a sbagliare, ‒ viene marchiato dal potere come complottismo. Ma lo scienziato, come ogni uomo, non solo può sbagliare ma anche ingannare, truccando le sue analisi per motivi politici, economici, sociali, personali. Credere che la scienza sia il nuovo vangelo, sia al di fuori e sopra le parti in gioco, sia la nuova fede, la nuova religione, per un filosofo del sospetto significa ricadere in dogmi la cui imposizione ha favorito e favorirà solamente una piccolissima parte dell’umanità.