Stefano Brugnolo (1956) e si è laureato nel 1980 a Venezia sotto la direzione di Francesco Orlando, ha insegnato Letterature comparate, e dal 2009 è docente di Teoria della letteratura presso l’Università di Pisa (dal 2018 in qualità di professore ordinario). Si è occupato e ha scritto di autori e testi appartenenti a varie tradizioni linguistiche e nazionali. Si è occupato di umorismo, della relazione tra scritture scientifiche e scritture letterarie, di letteratura coloniale, del soprannaturale in letteratura, di letteratura delle periferie, di retorica e stilistica. Ha scritto vari libri, tra cui: La tradizione dell’umorismo nero (1994), La letterarietà dei discorsi scientifici (2000), La tentazione dell’Altro. Avventure dell'identità occidentale da Conrad a Coetzee (2017), Dalla parte di Proust (2022) e Rivoluzioni e popolo nell’immaginario letterario italiano e europeo (2023).
La condizione di vittima non è certo una giustificazione per qualunque cosa. Ma allora ci si può chiedere: forse che Hitler e i nazisti avevano tutti i torti? Voglio dire che le potenze occidentali vincitrici si resero colpevoli di una stupida politica di umiliazione della Germania alla fine della prima guerra mondiale. Hitler diede voce a questo senso di frustrazione delle giovani generazioni tedesche che aderirono in massa al suo partito. Ma queste colpe delle nazioni occidentali vincitrici ci devono forse indurre a giustificare il nazismo? No, assolutamente no.
Dovremmo ricordarcelo: colui che si sente ed eventualmente è vittima di ingiustizie non perciò è giustificabile in qualunque sua azione di reazione a quelle ingiustizie. Gli esempi sono sempre poco o tanto fallaci ma va ricordato a tutti che la Resistenza europea al nazismo per quanto determinata a combattere fino all’estremo il nemico non si fondava certo sull’odio razzista verso i tedeschi in genere, sulla volontà di schiacciarli, umiliarli, estirparli. Essa anzi partiva dal riconoscimento di una comune umanità da recuperare il prima possibile dopo la guerra.
Il conflitto tra palestinesi e israeliani non è certo paragonabile a quel terribile conflitto e credo che si possa ancora sperare in una risoluzione meno tragica della questione. Più sensata, umana, ragionevole, rispettosa dei diritti di entrambe le parti.
Se ho evocato la Resistenza è perché credo che anche nelle situazioni di conflitto estremo certi limiti non vadano valicati, così che chi invece lo fa non ha diritto a nessuna giustificazione e comprensione. E perché penso che chi sulla base delle tribolazioni subite da un popolo si mostra invece comprensivo verso coloro che valicano quei limiti si dimostra complice della barbarie, e anche ipocrita se pretende di farlo in nome di presunti ideali di pace e giustizia.