Alice Delli Pizzi (1995) ha conseguito la laurea magistrale in Storia e Civiltà all’Università di Pisa nel 2021. I suoi principali interessi di studio sono la storia della Prima Repubblica e la storia culturale.

Recensione a: G. Travers, Capitalismo moderno e società di mercato. L’Europa sotto il regno della quantità, Passaggio al Bosco, Firenze 2022, pp. 94, € 10,00.

Capitalismo moderno e società di mercato è un saggio breve di Guillaume Travers, professore di economia, pubblicato nell’ambito del progetto Passaggio al bosco per la collana “Bastian contrari”: ed effettivamente la formazione da economista dell’Autore gli permette di guadagnarsi un meritato posto nella suddetta collana, in quanto Capitalismo moderno è una breve ma esaustiva ricostruzione della genealogia intellettuale del concetto – capitalismo, non in quanto modo di produzione quindi dal punto di vista economico, ma in quanto oggetto teoretico.

Nel pensiero critico contemporaneo tale concetto è necessariamente caratterizzato da confusione semantica, a causa della sua pervasività e delle mille accezioni che è venuto ad assumere: “capitale” umano, “capitale” sociale e così via. Questo processo è una diretta conseguenza della “economizzazione”della società, culminata negli anni Settanta grazie all’apporto delle università (alle quali venivano versate cospicue somme dalla classe imprenditoriale statunitense allo scopo di diffondere e rafforzare tale visione del mondo) e della classe politica, che il sistema lobbistico delle donazioni politiche permetteva loro di influenzare fortemente.

Tale economizzazione ha dato vita ad un intero sistema, un ethos, capitalista che è stato analizzato sotto innumerevoli punti di vista da una lunga serie di intellettuali, a partire naturalmente da Marx, che ne ha analizzato le dinamiche prettamente economiche, per arrivare ai nomi più famosi del terzo millennio come Mark Fisher, Franco Berardi, Alain Badiou o Slavoj Žižek.  

L’analisi è passata dall’analizzare appunto il funzionamento del sistema capitalista al focalizzarsi sul «fatto forse più rilevante della nostra epoca», con cui Travers apre il suo volume: «tutto o quasi si compra e si vende». In altre parole l’analisi si è andata sempre più focalizzando sulla critica della società scaturita dalla diffusione del capitalismo come modo di produzione, per così dire sul capitalismo come «stato globale della società», ed è la storia di questa analisi che viene brevemente ma esaustivamente riassunta nel volume di Travers.

Un primo concetto fondamentale è quello di embeddedness, formulato da Karl Polanyi ne La grande trasformazione: in epoca contemporanea, la sfera economica e la sfera sociale sono ormai inestricabilmente legate insieme e primo problema da risolvere diventa dunque quello di districare questo nodo senza rinunciare a comprenderne le conseguenze. Il riversamento dell’economico nel sociale e viceversa costituisce infatti la principale differenza fra le società contemporanee e quelle medioevali, in cui le relazioni economiche erano completamente subordinate a fini politici e sociali e i mercati erano «un elemento accessorio di un quadro istituzionale controllato e regolato più che mai dall’attività sociale».

Il valore di un bene non veniva dunque stabilito in funzione di domanda e offerta, ma in funzione del suo ruolo nell’ambito della comunità. Nel Medioevo, ad esempio, non esisteva un “mercato della terra” e su ogni appezzamento di terreno si intrecciavano una varietà di diritti: piuttosto che di diritto di proprietà, si parla dunque di una molteplicità di diritti di origine consuetudinaria, di modo che taluni vi possono cacciare, altri pascolare il bestiame e altri ancora tagliarvi la legna. Le economie moderne e contemporanee sono invece caratterizzate da un “disinnesto”, costituiscono cioè un mondo autoreferenziale e autonomo da cui però provengono diktat indiscutibili sui quali si è andata sempre più basando la visione di ogni singolo aspetto della vita sociale e privata dell’individuo. Ciò ha portato ha portato alla necessità di analizzare il Geist [1] (lo spirito del tempo hegeliano) nella sua totalità.

Tra i primi ad elevare il sistema economico analizzato da Marx a matrice di una totalità sociale sono stati Max Weber e Werner Sombart[2]: i primi cioè ad analizzare non solo l’influenza del libero scambio sul rapporto degli uomini fra di loro, ma anche sul rapporto che l’individuo intrattiene con il mondo. Weber e Sombart condividono infatti l’interesse per l’origine dell’etica alla base del sistema capitalista: concentrandosi sugli elementi culturali ad essa precedenti che ne hanno influenzato la costruzione, sono stati fra i primi a tentare la storicizzazione di questo processo.

A livello filosofico a portare al culmine questa tendenza è stato Michel Foucault, già negli anni Settanta, con la teorizzazione del soggetto ideale[3] di un sistema filosofico, un soggetto che subisce un’influenza tale da diventare un prodotto di tale sistema, in altre parole il ricevente perfetto di tale influenza che diventa in questo modo l’unico sistema a disposizione per interpretare il mondo.

È anche a questo che si riferisce Polanyi parlando di “disinnesto”: se il soggetto diventa la fonte dell’interpretazione del mondo, non esistono più valori innati (vale a dire intrinseci al soggetto) e l’individuo non ha più bisogno della comunità.

Weber e Sombart condividono dunque l’interesse per l’origine dell’etica alla base del sistema capitalista: nello specifico, Weber analizza l’influenza su di essa derivata dalla cultura protestante e calvinista mentre Sombart quella derivata dalla cultura ebraica.

Nella dottrina protestante, al contrario di quella cattolica, la fede non è sufficiente a garantire la salvezza dell’anima: è il successo materiale in vita ad esserne simbolo e quindi prova terrena. Alla base della dottrina protestante c’è quindi un ulteriore processo dissociativo, vale a dire che oltre a distaccarsi dalla comunità, l’individuo si distacca tramite questo processo di simbolizzazione (che altro non è in fondo che il distaccamento del significato dal segno) dal concetto stesso di trascendenza.

In un contesto secolarizzato come lo sono le società contemporanee l’accumulazione capitalistica diventa dunque fine a sé stessa, diventa l’unico scopo, il motore ultimo dell’azione umana, invece che soltanto il corrispettivo terreno della salvezza dell’anima. L’etica protestante non valorizza infatti tanto l’accumulazione in sé, quanto l’impegno che un individuo pone nel far fruttare il proprio capitale (da questa costante attività viene l’etimologia della parola “negozio”, nec otium).

Per quanto riguarda Sombart, invece, egli si concentra maggiormente sull’impulso, sul desiderio di accumulazione. Ma come può definirsi desiderio un’attività per definizione razionale, quella della ricerca del profitto? È evidente dunque che da questa particolare interpretazione del desiderio, che permette all’accumulazione di uscire dai confini dell’economico, nasce la valorizzazione etica dell’accumulazione e del calcolo per il proprio profitto, così come la mitologia neoliberale incentrata sul self-made man.

Nella nozione di “capitale” dunque e solo in quella, nelle società contemporanee, si riuniscono allo stesso momento la razionalizzazione e una nuova accezione del desiderio: l’impulso per l’accumulazione è considerato sia naturale come il desiderio, sia razionale come l’unica via per l’uomo (unico animale cosciente di sé stesso) per l’autoconservazione[4].

La nozione di desiderio acquista così non solo valore nell’ambito dell’accumulazione capitalistica, ma anche nella “scalata all’Olimpo” del self-made man, una nozione di desiderio che è tutt’uno con il soggetto neoliberale, proattivo nel suo relazionarsi con il mondo. Può essere interessante notare come lo stesso concetto, il desiderio, sia stato a partire dagli anni Sessanta fino ai giorni nostri oggetto di riappropriazione da parte della sinistra radicale[5], allo scopo di farne piuttosto una forza disgregante nell’intricato nodo che unisce economico e sociale.

NOTE

[1] Sull’attualità di Hegel nell’ambito dell’analisi del capitalismo della sorveglianza e dei recenti sviluppi dell’ingegneria biomedica si segnala S. Žižek, Hegel e il cervello post-umano, Ponte alle Grazie, Milano 2021.

[2] M. Weber, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo (1904-1905); W. Sombart, Gli ebrei e la vita economica (1911).

[3] S. Hall, The work of representation, in Representation: cultural representations and signifying practices, Sage (1997)

[4] Per una formulazione intenzionale e sistematica dell’etica capitalista si consiglia: A. Rand, Le virtù dell’egoismo, Liberilibri, Macerata 2008.

[5] E. Cuter, Ripartire dal desiderio, Minimum Fax , Roma 2020.

Loading