Stefano Berni (1960) è docente di Filosofia e scienze umane nei licei. È stato professore a contratto presso la cattedra di Filosofia del diritto dell’Università di Siena, assegnista e dottore di ricerca. È tra i fondatori e nel comitato scientifico della rivista “Officine filosofiche” dell’Università di Bologna e Presidente della Società Filosofica Italiana di Prato. Le sue ultime pubblicazioni sono: Potere e capitalismo. Filosofie critiche del politico (Pisa 2018); Etiche del sé. Foucault e i Greci(Firenze 2021); L'alchimia del potere. La filosofia politica di Hannah Arendt (con Antonio Camerano; Milano 2022).
Recensione a: O. Gnerre, Nihil medium. Carl Schmitt tra passato e futuro, pref. di J.L. Villacañas, Morlacchi editore University Press, Perugia 2024, pp. 188, € 18,00.
Carl Schmitt è il teorico del decisionismo grazie al quale sarebbe possibile ancora conservare, contro la deriva economico-capitalistica occidentale, sia il politico sia la politica, l’homo politicus e la sua azione. È questa verità che, in estrema sintesi, Orazio Maria Gnerre vuole sottolineare nel suo nuovo lavoro, Nihil medium. Carl Schmitt tra passato e futuro. Prefazione di José Luis Villacañas, Morlacchi editore University Press, Perugia 2024, riprendendo i suoi lavori antecedenti, in particolare, Prima che il mondo fosse. Alle radici del decisionismo novecentesco.
Contro la spoliticizzazione e la neutralizzazione della società occidentale, il pensiero schmittiano tenta ancora di mettere, al centro dell’inter-esse dell’uomo, la politica e la religione. Contro il potere pervasivo e anonimo della burocratizzazione e della tecnicizzazione, a causa del quale sembra sparire il centro nevralgico del governo degli uomini, i quali non avvertono più chi decide e a chi conviene decidere, tema sottolineato successivamente dagli studi di Arendt e Foucault, Schmitt pone una questione ancora per certi versi moderna ma cruciale: chi è il sovrano? Per Gnerre è la domanda delle domande che Schmitt rintraccerebbe mutatis mutandis in Hobbes. E la risposta a tale domanda è riformulata con la famosa tesi: «sovrano è colui che decide nello stato di eccezione». Non è tanto il sovrano che decide ma è chi decide che diventa o è riconosciuto come sovrano. In questo modo Schmitt si colloca immediatamente sul piano del diritto pubblico riposizionandosi al di sopra della vita privata e del suo diritto. Diritto privato che è fonte e problema perché rinvia appunto ad un eccesso di liberalismo e economicismo. Gnerre mette bene in luce la preoccupazione di Schmitt riguardo al riduzionismo giusprivatistico e alla pretesa della macchina politica tecnoeconomica che si vorrebbe regolare da sé.
Il problema da chiarire, per Schmitt, semmai è un altro. Che posizione dovrebbe avere la religione nello stato moderno? È un affare privato o va gestita dallo stato stesso? Mi sembra questo il centro più problematico del libro che l’Autore avrebbe dovuto affrontare maggiormente. Dai Due centri di potere, uno religioso e l’altro politico, indipendenti seppure collegati presenti ancora nel medioevo, si è passati, con l’avvento dello stato moderno con il cuius regio eius religio e in particolare con l’avvento dell’anglicanesimo e del protestantesimo, all’Uno, laddove la teologia non si distingue più dalla politica. Hobbes cerca di salvare, nel suo Leviatano, l’istanza religiosa, tentando di mantenere, seppure faticosamente separati e distinti, i due poteri.
Oggi invece si è perduta ogni distinzione tra religione e politica e soprattutto si è ridotta la politica a un mero affare privato. Lo stato è diventato, nel migliore dei casi, una forma di Govenance burocratica, nel peggiore dei casi un luogo frequentato da rappresentanti di lobbies che regolano i propri affari. Molto opportunatamente Gnerre si chiede, sulla scorta degli studi di Weber e Benjamin, se, in fondo, anche l’economia non sia una forma di teologia che si venera come se fosse una verità divina. Non si può non riconoscere che le critiche mosse da Marx al capitalismo, nelle famose pagine del Capitale si ritrovino approfondite da Weber nell’Etica protestante e lo spirito del capitalismo, da Benjamin in Capitalismo come religione e da Schmitt in Teologia politica e in Cattolicesimo romano e forma politica. Le critiche di Schmitt al capitalismo, pur provenendo da un pensatore cattolico e conservatore, convergono su questo punto, almeno sul piano dell’analisi, con le posizioni marxiste. Da ciò si capisce perché molti marxisti, soprattutto in Italia, siano rimasti affascinati dal pensiero schmittiano.
Dicevamo che per Gnerre il tema della decisione è il filo rosso che collega tutti gli altri concetti schmittiani. Già il titolo, Nihil medium (niente in mezzo), vuole indicare il taglio netto, la de-cisione, la de-limitazione tra politico e politica. Delimitazione che si trova anche nella scelta del politico che avrebbe a che fare strettamente con il territorio, con il limite che separa un suolo da un altro suolo e al quale si collega anche il termine nomos, inteso come pascolo ma pure come territorio, all’interno del quale i gruppi si stanziano, vivono e abitano. L’Autore cerca di dimostrare che Il nomos della terra ha un debito nei confronti di uno studioso molto apprezzato da Schmitt: Ernst Kapp. È grazie a questo autore che Schmitt tra l’altro distingue le nazioni talassiche come l’Inghilterra da nazioni telluriche come la Francia o la Germania. La Gran Bretagna, proprio per il suo carattere marittimo, un’isola in mezzo al mare, una specie di nave che si muove continuamente per tutto il globo alla conquista dei mari, colonizzando e conquistando, svilupperebbe una cultura senza nomos, basata piuttosto su un diritto predatorio e privatistico: infatti «è solo nel rapporto tra l’umano e lo spazio che nascono norme e leggi». Il nomos è soprattutto ordinamento e localizzazione. Laddove lo spazio manca, le leggi sono tutt’al più consuetudinarie. Lo stesso si può dire degli Stati Uniti, che possiamo considerare, sia per la loro fondazione sia per quello che è accaduto storicamente e sta accadendo tuttora, come la degna erede della madre patria, l’Inghilterra.
Il libro di Orazio Maria Gnerre è il risultato di una ricerca filologica molto attenta e pertinente rispetto al testo schmittiano. Anche il linguaggio, elegante e molto chiaro, permette di aggirarsi nelle pagine dell’Autore con piacevolezza, ma forse si sarebbe potuto e dovuto considerare di più i tanti studi che sono usciti in questi ultimi anni sul giurista di Plettenberg.