Enrico Orsenigo (1992), psicologo iscritto all’Ordine degli Psicologi del Veneto, è Ph.D. Student in Learning Sciences and Digital Technologies all'Università degli studi di Modena e Reggio Emilia. Nei suoi articoli si occupa di psicologia clinica, psicologia dello sviluppo, psichiatria fenomenologica e filosofia della tecnica.

I Saggi per la mano sinistra di Jerome S. Bruner vengono pubblicati nel 1962: qui l’autore delinea la sua psicologia della conoscenza. Egli muove dall’idea che non sono sufficienti le formule organizzatrici per tenere insieme gli individui in una formazione sociale; a tali formule devono aggregarsi i significati comuni, che imprimono all’esperienza sensoriale l’organizzazione in schemi di conoscenza. È così che si costituisce una “comunità mitologicamente istruita”, e cioè una società.

La psicologia della conoscenza è attenta ai meccanismi che contribuiscono alla costruzione di versioni del mondo, ed alle modalità in cui tali versioni vengono trasmesse intergenerazionalmente.

In che modo avviene la trasmissione? Si comincia da una distinzione metaforica tra mano destra e mano sinistra: la destra è l’ordine e la legalità, le droit. Le sue bellezze sono quelle della geometria e delle rigide connessioni. Cercare la conoscenza con la mano destra è scienza, ma dire soltanto ciò della scienza significa trascurare alcune delle sue fonti, poiché le ipotesi sono doni che giungono dalla mano sinistra.

Destra e sinistra, qui, parlano dell’avvio di misture funzionali del pensiero paradigmatico e del pensiero narrativo. Second Bruner, i due modi di pensare si completano, pur rimanendo irriducibili l’uno all’altro. I tentativi di ricondurli l’uno all’altro producono effetti tali per cui il soggetto rischia di perdere la ricchezza delle osservazioni dovute alla varietà del pensiero, data dalle misture di funzionamento.

Bruner rileva dei principi operativi e dei criteri di validità dei due modi. Il pensiero paradigmatico persegue l’ideale di un sistema descrittivo. Ricorre a categorizzazioni e concettualizzazioni, fino a simboli in relazione tra loro per raggiungere la configurazione di sistema. I connettivi di questo modo di pensare sono la congiunzione e la disgiunzione, l’iperonimia e l’iponimia e i procedimenti che trasformano asserzioni collocate in precisi contesti in proposizioni generali. Si occupa di cause di ordine generale e del loro riconoscimento; serve per i procedimenti di verifica referenziale e alla verità empirica; si esplica attraverso un linguaggio regolato dalla non-contraddizione. L’ambito in cui agisce è quello delle realtà osservabili e dei mondi possibili prodotti dalla logica. Logica, matematica, scienze e macchine consentono di operare attraverso il pensiero paradigmatico. Può essere utilizzato in maniera creativa per lo sviluppo di teorie e argomentazioni; qui l’immaginazione è diversa dall’immaginazione artistica perché riguarda le relazioni formali e le loro possibilità.

Il pensiero narrativo è implicato nella costruzione dei racconti, dei drammi e dei quadri situazionali storici; si occupa delle intenzioni e delle azioni, delle vicissitudini dell’uomo. Situa l’esperienza ed è probabilmente scaturito dall’interesse per la condizione umana. Un racconto condotto attraverso il pensiero narrativo, a differenza di un racconto “gestito” con il pensiero paradigmatico, può essere influenzato dalla gamma dei sentimenti dell’uomo, che spesso hanno come risultato un testo malinconico, comico, assurdo, tenero.

Un esempio di interrelazione tra i due tipi di pensiero si trova nella parte prima dei Saggi, dove Bruner rileva i metodi di produzione della conoscenza, tra questi la “produttività formale”: consiste nel creare un ordine tra elementi diversi, per individuare le relazioni in un primo tempo non evidenti: rinveniamo un avvicinamento a Scienza e metodo di Henri Poincaré, nella possibilità di intendere le combinazioni tra elementi come rivelazioni di affinità tra fatti conosciuti ma ritenuti estranei tra loro.

Queste qualità del pensare devono essere educate (dalla famiglia, dalla scuola, dalla società) a muoversi entro le seguenti antinomie del vivere, che Bruner chiama “antinomie dell’attività creatrice”.

Distacco e impegno: definisce la capacità di un soggetto di tenersi alla giusta distanza interpersonale e interpretativa. Il secondo polo, l’impegno, è necessario ad ottenere una visione d’insieme del quadro di complessità in cui va ad inserirsi la relazione interpersonale (o interazione, quando si tratta di un rapporto tra soggetto ed oggetto tecnologicamente rispondente in un dato ecosistema); è richiesto impegno nel tenere entro una visione integrata i fenomeni che agiscono nel reticolo di complessità; una relazione non può essere definita se non nella raccolta dei fenomeni agenti e costituenti la relazione stessa.

Passione e decoro: si costituisce attraverso la definizione del rapporto tra soggetto e operatività delle proprie inclinazioni caratteriali nel darsi interpersonale; fa da tessuto alla componente del livello soglia, di tutte quelle azioni in cui paradigmaticità e narratività operano simultaneamente; passione come dimensione in cui la personalità si esprime verso l’Altro, e il decoro dove la stessa personalità è rispettosa delle norme socioculturali dell’ambiente.

Libertà d’essere dominati dall’oggetto: costituisce la sfera non-me (oggetto, passioni, attività); la libertà di venire dominati da qualche cosa che si dà nel mondo, nelle sue forme e possibilità, sancisce l’uscita dalla condizione di ricerca di una appartenenza e solleva il soggetto verso l’esteriorità; l’erranza (la scoperta) come dimensione costituiva che le figure di cura hanno il compito di testimoniare all’infante, viene esercitata solo a patto di essere stata incorporata. In questo senso non è sufficiente l’esperienza del dominio dell’esteriorità su di sé, perché è necessaria l’interiorizzazione dell’esperienza, e l’incorporazione che ne stabilisce la sedimentazione nel corpo ossia ad ogni livello sistemico rappresentazionale.

Dilazione e immediatezza: riguarda la capacità di adottare più stili di movimento mentale; ricorda la seconda lezione americana di Italo Calvino, rapidità. Qui, si propone la necessità di adottare un ritmo relazionale la cui abilità consiste nell’intercambiabilità delle “ottiche” con cui si fa esperienza dell’incontro con l’altro. La polarità della dilazione garantisce sia il giusto tempo di sospensione del giudizio sia la giusta distanza da mantenere per non invadere la relazione. Il ‘terreno’ dell’immediatezza consiste nel prendere confidenza con una mobilità che sviluppa migliori possibilità di accordo tra personalità differenti.

Il dramma interiore: l’invito qui schiuso è la pratica dell’esegesi del sé, per recuperare la dimensione tragica dell’esistenza; la tensione esegetica, unita alla postura dettata dall’inquietudine conoscitiva, mantiene in vita il senso dell’inesauribilità dei significati. Il dramma interiore è questo: garantirsi dei margini di miglioramento e di innovazione, attraverso la presa di consapevolezza della finitudine  (caducità in Sigmund Freud, essere-a-perdere in Thomas Bernhard), il tutto coinvolto in due risvolti della psicologia della gestalt: il primo che segue il precetto tale per cui il tutto è più della somma delle singole parti; ma allo stesso tempo, ogni singola parte trattiene un sovrappiù non individuabile a partire dal tutto.

Infine, il dilemma delle abilità: quanto un soggetto deve prendere distanza da alcune componenti della propria personalità, per apprendere informazioni, modi, competenze, al fine di una migliore interazione interpersonale, sociale, istituzionale? È indispensabile riuscire a tenere in tensione dialettica le inclinazioni che definiscono la persona, ma allo stesso tempo l’operatività della dimensione socio-culturale può colludere con le parti costituenti la persona stessa. Quest’ultima antinomia, trova la sua risoluzione nel mantenimento dell’interrogativo; si tratta di procedere attraverso continui aggiustamenti, frequentazioni delle soglie e costanti accommiatamenti da posizioni. Il dilemma rimane una sfida progettuale aperta – costitutivamente aperta – nell’esistenza umana.

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