Massimiliano Filippelli è insegnante, specializzando presso la Facoltà Teologica dell’Italia Centrale.
Recensione a
R. Sarah (con Nicolas Diat), Si fa sera e il giorno ormai volge al declino
Cantagalli, Siena 2019, pp. 400, €24,90.
Il libro del cardinale Robert Sarah è un’intervista con il giornalista Nicolas Diat, un messaggio dolente sulla crisi della Chiesa e dell’uomo nella cultura post-moderna, una diagnosi sulla crisi culturale e identitaria dell’Occidente. Già il titolo, Si fa sera e il giorno ormai volge al declino, evoca il passo evangelico dei discepoli di Emmaus che, camminando intristiti dall’abbandono del Signore, si accorgono che il gesto di spezzare il pane del viandante incontrato per strada rinnova l’ardente desiderio della sua presenza, la nostalgia della sua promessa. “Non era forse il nostro cuore ardente” quel calore che nel tempo attuale sembra raffreddarsi per tanti motivi che nel libro il cardinale Sarah prende in esame in modo acuto e lungimirante. All’inizio del testo viene paragonato il tradimento di Giuda con la situazione attuale per molti religiosi e la Chiesa verso la fedeltà evangelica, così come il rinnegamento di Pietro ribadisce una testimonianza poco autentica in riferimento al messaggio rivoluzionario della Buona Novella, facendo fatica a sostenere lo sguardo del Signore.
Nel libro il cardinale inizia con la crisi della fede, una fede intiepidita, dove con un esempio molto calzante paragona Dio ad un vecchietto dei nostri tempi, che noi occidentali abbiamo confinato in uno ospizio e andiamo a visitare di tanto in tanto. Una fede che viene scambiata per un talismano che porta fortuna o che comunque rende la vita salutare. Una fede che non incide e non rispetta più la sacralità dei gesti esteriori, dove molti comportamenti di tanti cristiani sono spesso una testimonianza negativa perché viene vissuto un relativismo etico che si adegua al mondo senza lasciare un segno di contraddizione. «La perdita del senso di Dio» è la matrice di tutte le crisi, scrive l’autore dell’intervista. Si tratta di una graduale secolarizzazione della fede, della salvezza che non attira più molti credenti poiché anche i sacerdoti si sono adeguati al mondo, procedendo di compromesso in compromesso fino a sbiadire la speranza nel Regno dei cieli.
Un libro che sembra non concedere niente alla retorica né al facile e innocuo messaggio di buone consolazioni, al contrario una messa in guardia contro un relativismo etico e un insidioso e subdolo ateismo fluido che coabita insieme alla fede, senza che la vita del credente sia sostenuta da una solida visione cristiana. Più volte il cardinale appoggia le sue acute analisi della società contemporanea con dotte citazioni di autori importanti della cultura del Novecento, quali per esempio lo scrittore cattolico G. Bernanos di cui cito un passo molto significativo: «Chi non ha visto la strada, all’alba, tra due filari di alberi, fresca, vivida, non sa cosa sia la speranza. La speranza è una determinazione eroica dell’anima, e la sua forma più alta è la disperazione vinta. Alla fine della notte, si trova un’alba nuova. Il demone del nostro cuore si chiama “A che pro!”. L’inferno è smettere di amare».
Nell’intervista il cardinale Robert Sarah sottolinea spesso il pericolo nelle società occidentali di un modo di vita pagano che ha relegato il senso del sacro solo al gesto esteriore di culto la domenica senza che la fede possa incidere nella quotidianità delle persone. Le società occidentali scrive il cardinale, sono disabituate ad affrontare la vita con coraggio ormai la ricerca del benessere e del piacere (edonismo istituzionalizzato) ha indebolito i legami, creando molto isolamento e paura dell’impegno. Si tende ad affrontare la vita da soli.
L’uomo non riconosce più di essere una creatura che ha bisogno di Dio per andare avanti, che non è fatta solo per il consumo ma per molto altro, per ben altro. Nel libro il cardinale Sarah individua i pericoli che incombono oggi sulle nostre città, rappresentati da un relativismo etico, da una mancanza di fede, dalla ricerca solo del cibo senza una reale condivisione con gli altri. Il cardinale critica il capitalismo come si è configurato oggi, pensando all’uomo consumatore, l’uomo che non ha più una vita interiore perché rivolto solo all’esterno, al mercato, alla mercificazione anche del sacro. La decadenza delle società occidentali sono le conseguenze della corruzione dei “costumi”, per citare Montesquieu, a sua volta generata da un ateismo fluido che allontana l’uomo da Dio, dai valori cristiani. Oggi secondo il cardinale Sarah viene meno la virtù del coraggio, perché l’uomo è indebolito e isolato, non è capace di scelte forti. L’uomo senza legami, per parafrasare un celebre testo del grande scrittore Robert Musil (che lo definisce “senza qualità”), per il quale l’adattamento porta ad una neutralità che vanifica la sicurezza nella propria tradizione, non è altro che un uomo sempre più gitano in un orizzonte globalizzato. Contro l’umano è pensarlo senza radici.
Per il cardinale dopo le ideologie totalitarie che hanno causato tanto male all’uomo, basti pensare – se vi riesce – alla malvagità immane dello Shoah, oggi la società post-moderna sembra senz’anima priva della consistenza spirituale che tiene unita una tradizione. Il mondo moderno sembra svilire l’uomo, tarato esclusivamente sui parametri dell’utilità, del calcolo costi/benefici, del tornaconto personalistico. La riduzione a consumatore fa regredire l’homo sapiens, che non va mai dimenticato è anzitutto creatura di Dio, a sua immagine e somiglianza. Un’immagine sfigurata, violentata e obliata. La globalizzazione tende a sradicare dal senso d’appartenenza i vari popoli, proiettandoli verso una società apolide, dove gli unici freni sono i limiti materiali. Tornare alla virtù della speranza e del coraggio per far fronte a questa società liberale che in modo subdolo e pervasivo trasmette un messaggio non cristiano. Il libro è denso, dovizioso di citazioni bibliche e non solo. Si nota soprattutto il ricorrente ricorso a omelie di Papa Benedetto XVI, è quel rapporto di grande stima e consonanza spirituale con il messaggio del cardinale Ratzinger culminato con la più recente opera scritta a quattro mani e che tante polemiche ha suscitato.
La critica ai costumi decadenti, al transumanesimo, al capitalismo liberista, ad una Europa dove la solidarietà fra i popoli è rimasta solo sulla carta ma dove solo delle oligarchie finanziarie controllano i flussi della finanza, è descritta dal cardinale Sarah con grande preoccupazione e saggezza. Il ruolo dei sacerdoti che sempre più sovente diventano dei funzionari amministrativi e/o degli “assistenti sociali”, perdendo di vista il ruolo di pastore che crea comunione fra i fedeli, che porta la fratellanza di Cristo: tutto questo è descritto con particolare forza e aderenza alla realtà nelle lunghe risposte che il cardinale Sarah fornisce a Nicolas Diat.
Non si può che consigliare la lettura di questo libro, illuminante su molte questioni. Per usare una metafora, la sua lettura va fatta come si sorseggiasse un ottimo liquore concentrato; è infatti a piccole dosi che il lettore, pagina dopo pagina, descrive la situazione della Chiesa contemporanea nei suoi vari aspetti, non risparmiando nessun punto dolente di oggi. Oggi sembra lasciare come monito il cardinale, è necessario svegliarsi prima che l’oblio possa farci dimenticare la nostra storia e chiuderci ad ogni ideale; il demone del nostro cuore si chiama “A che pro!”. L’inferno è smettere di amare”.