Damiano Mazzotti (1970) si è laureato in Psicologia Clinica e di Comunità a Padova nel 1995 con una tesi sull’invidia. Nel 2008 ha pubblicato il diario romanzato Uomini e amori gioie e dolori, nel 2009 Libero pensiero e liberi pensatori, il primo saggio di un citizen journalist italiano.
Recensione a
G. Guzzo, Propagande. Segreti e peccati dei mass media
La Vela, Lucca 2019, pp. 192, € 15.00.
Giuliano Guzzo è il giovane autore di un saggio molto istruttivo e molto particolare. Guzzo è un sociologo che non ha nessun timore nell’affrontare tematiche molto scomode: aborto, Seveso, il virus Zika e la complicata politica brasiliana, che è solo in parte simile a quella italiana o statunitense. Il coraggioso giornalista ci parla di temi molto scottanti: l’eutanasia, il fine vita e l’accanimento terapeutico. Fino all’opinione del famoso politologo Giovanni Sartori: «Chi non dice quello che pensa, finisce per non pensare quello che non può dire» (p. 82).
Il tema della violenza familiare e del divorzio non è secondario, ma è molto indicativo. I media sono sensibili a ogni genere di rivendicazione e l’umanità è un genere di sensibilità dipendente da ogni forma di trasformazione. L’umanità è la sensibilità alla trasformazione sociale, più o meno diretta e più o meno funzionale. Siamo immersi in una società trasformatrice che ci vuole vincenti, perdenti o accoppiati. Perfino Thomas Edison affermava che il cinema e la radio sono il «mezzo più potente per influenzare la gente» (p. 109).
Nel saggio vengono trattati anche temi riguardanti i cartoon, la rete, l’immigrazione, l’islamofilia, le fake news e la pedofilia (letteraria e non). Ad esempio viene riportata la vicenda dei moderatori del social network che hanno appena 10 secondi di tempo per decidere se ammettere un determinato contenuto (Nick Hopkins, Guardian). Del resto «Il rischio che la Rete diventi veicolo di propagande non è dunque affatto marginale. Siamo avvertiti» (p. 131).
Già nel 1880 John Swinton, che era una firma importante del “New York Times” disse: «Io sono pagato un tanto alla settimana per tenere le mie opinioni oneste fuori dal giornale… la funzione di un giornalista è di distruggere la verità, di mentire radicalmente»” (p. 14). In effetti come affermò Edward Bernays, nipote di Sigmund Freud, «noi siamo governati, le nostre menti vengono modellate, i nostri gusti formati, le nostre idee ispirate da uomini di cui non abbiamo mai sentito parlare» (p. 16). Così come affermato da Ettore Bernabei, la tv è «peggio della bomba atomica… è pericolosissima… la sua potenza di suggestione non è neppure immaginabile» (da p. 12).
In realtà, «il pluralismo editoriale, sovente, è più apparente che effettivo, dal momento che numerose testate, all’insaputa dei più, sono in verità espressione della medesima proprietà» (p. 186). Non è facile da far capire. La propaganda è un fenomeno prettamente ideologico: «la stragrande maggioranza dei giornalisti occidentali – come oggi avviene – sposa uno stesso orizzonte ideologico, che è quello progressista, liberal o radical chic che dir si voglia» (p. 188).
Si tratta quindi di una lettura molto stimolante che sottopone al giusto sforzo qualsiasi mente disposta a mettersi in gioco. E in effetti «è molto più facile ingannare la gente che convincerla che è stata ingannata» (Mark Twain). I lettori, specialmente quelli attempati, non hanno nulla da recriminare. Potete leggere quello che trovate. Potete leggere quello che siete abituati a leggere.