Fabrizio Dafano (1956) è docente di Organizzazione aziendale presso l’Università degli Studi Roma Tre e Gestione Risorse Umane presso la Link Campus University. È presidente di Accademia dei Professionisti, Associazione ex legge 4/2013 di rappresentanza a livello nazionale dei formatori e consulenti, nonché formatore e consulente presso le maggiori realtà imprenditoriali italiane e multinazionali. È autore di saggi, articoli e pubblicazioni scientifiche, in particolare, sul tema dei rapporti tra individuo e organizzazione. Ospite fisso del programma di RaiTre Il posto giusto e di altri programmi di RaiUno, in qualità di esperto di selezione del personale e di organizzazione del lavoro.

Recensione a: F. Marino, Il piacere di esserci. Perché vivere è più che stare al mondo, UNINT University Press, Roma 2024, pp. 192, € 18,00.

Il piacere di esserci è, innanzitutto, un libro vero. Per libro vero intendiamo un’opera letteraria frutto d’impegno, ricerca, dedizione, un testo pensato, elaborato e scritto nel corso degli anni; esattamente il contrario dei molti libri falsi in circolazione, prodotti qualitativamente mediocri, realizzati in tempi brevissimi in funzione di mire personali dell’autore (o forse, meglio, del “compilatore”, che, come ben espresso dall’enciclopedia Treccani, deriva dal latino «compilare “saccheggiare”, quindi “comporre uno scritto prendendo qua e là”»).

Libro vero, dunque, ancor più apprezzabile in quanto si colloca in un ambito tematico quale è quello dello sviluppo personale, dell’empowerment e del management di sé, sovraffollato di “immondizia intellettuale” (l’espressione evoca il saggio di Bertrand Russell Un profilo dell’immondizia intellettuale, in cui il filosofo gallese si scaglia, con la consueta pungente ironia, contro ogni forma di superstizione, da sempre presente nella vicenda umana e puntualmente rinnovata per colpa di schiere di immancabili impostori, sedicenti depositari della verità, pronti a sfruttare l’abissale ignoranza di popolazioni psicologicamente fragili, abbrutite dalle semplificazioni concettuali e, pertanto, vittime consenzienti delle più regressive balordaggini e illusioni).

La validità del testo di Francesco Marino trova conferma in un percorso euristico che si articola attraverso una struttura logico-concettuale convincente e metodologicamente significativa, adottando prioritariamente l’autobiografia come strumento privilegiato di formazione e come chiave d’interpretazione della complessità del reale. L’autobiografia come metodo formativo costituisce, infatti, una forma di rilevante valore scientifico, qualora non si limiti a un’empiria autocelebrativa e inconcludente. Al riguardo, opere come La formazione degli adulti come autobiografia di Malcom Knowles (Cortina, 1996) o Alla ricerca della mente. Autobiografia intellettuale di Jerome Bruner (Armando, 2015) costituiscono dei preziosi modelli di riferimento e degli esempi autorevoli di un simile tipo di approccio.

In particolare, la lunga e intensa esperienza in campo teatrale dell’autore suscita sia un proficuo livello d’interesse di natura multidisciplinare (coniugare l’arte con la psicologia, l’interpretazione del ruolo con la cultura letteraria, la sociologia con la teoretica), sia un fecondo terreno di introspezione metaforica. Nel paragrafo “Noi stessi mentre viviamo” è riportato un brano del testo La porta aperta di Peter Brook che appare emblematico in tal senso: «Una volta affermai che il teatro comincia quando due persone s’incontrano. Se una persona si alza in piedi e un’altra la guarda, questo è già un inizio. Perché ci sia uno sviluppo, c’è bisogno di una terza persona che provochi un incontro. Allora subentra la vita, ed è possibile andare molto lontano […] ma i tre elementi sono essenziali» (p. 43).

Il libro si propone, inoltre, come testo assai valido anche in funzione di supporto alla didattica, sia in relazione ad insegnamenti in ambito di psicologia della relazione, sia per studenti che frequentano corsi in discipline di arte dello spettacolo. La forma linguistica è curata ed elegante, popolare quando necessario, dotta quando occorre; soprattutto – a noi sembra – contrassegnata dall’intento di raggiungere un costante equilibrio tra consistenza e densità del messaggio e fruibilità per il lettore. L’Autore si è tenuto lodevolmente lontano dalle sirene della “semplificazione” e della “scorrevolezza”, tanto apprezzate dai “compilatori” e dai loro impreparati “lettori”, privilegiando – per dirla con Stefan Zweig – «una delle condizioni essenziali di ogni onesta cronaca: sincerità spregiudicata» (Il mondo di ieri, Mondadori, 2024, p. 4).

In conclusione, Il piacere di esserci è un libro da consigliare a tutti, poiché coniuga il piacere della lettura con lo stimolo di carattere intellettuale, aspetti d’interesse culturale e popolare con argomentazioni teoriche appropriate e significative.

Francesco ci offre non solo un contributo di pensiero, ma anche – ciò forse è ancora più importante – un piccolo, prezioso dono del suo cuore generoso. Finché ci saranno autori come lui, sussiste ancora qualche speranza di vita intellettuale sul Pianeta Terra.

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