Costantino Pistilli (1980), originario di Cori in provincia di Latina. Studi in sociologia, ha collaborato con Fondazione Magna Carta, "L’Occidentale", "L’Opinione delle Libertà", "Panorama", "Il Giornale", "Tpi". Analista politico, ha lavorato per la Commissione Esteri del Parlamento italiano e per la Commissione Esteri del Parlamento europeo. Autore de Il grande ricatto. L'apertura delle frontiere come strumento di pressione politica. Il caso Marocco-Spagna (Paesi Edizioni, 2023).

Mai più. Un giuramento ecumenico non mantenuto, tradito il 7 ottobre 2023. Perché? Come è potuto accadere? Chi ha sbagliato? Cosa succederà? Quali sono le analisi più affidabili? Chi risponderà con la verità? Aspettiamo. Occorre tempo per analizzare un conflitto. L’attesa sfianca gli esperti che slanciandosi a giudici del cosa fare, chi bombardare, quale tattica armare, dove il bilancio è più affidabile, non trovano nessuna parola che esprima un ragionamento definitivo perché veritiero. Deludono quando sono cassati dal divenire di un conflitto fluido e mutevole, alimentato da caleidoscopiche e ormai ataviche dinamiche. Mentono, sguarniti di prudenza, quando attribuiscono colpe.

Prudenza che non ha avuto il Presidente del Consiglio europeo (!), Charles Michel, quando subito incolpato l’esercito israeliano di aver bombardato l’ospedale al-Ahli a Gaza. I fatti hanno poi smentito i bias di colui che presiede e coordina l’organismo collettivo dove vengono definite «le priorità e gli indirizzi politici» generali dell’Unione europea. I fatti sono scanditi dalle lancette del tempo. Prudenza.

Ma un aspetto è chiaro del disgraziato pogrom di Ottobre: i terroristi islamici palestinesi hanno voluto uccidere l’ebreo. Hanno attaccato al cuore l’ebreo collettivo: lo Stato di Israele. Sono andati a caccia dell’ebreo per spargere e versare il sangue di più di mille e quattrocento israeliani, rastrellati dalle loro case, tenuti in ostaggio, stuprati, linciati, vessati. Mai più i bambini ebrei sarebbero stati uccisi, smembrati, sgozzati, umiliati, rapiti. Immagini che ricordano la Germania e l’Europa nazista. Questa volta Amalek ha però schierato i terroristi palestinesi. Educati alla cultualità dell’odio e della morte. Degli ebrei, ma anche dei loro stessi figli, ai quali viene insegnato a uccidere e morire in nome di Allah. Non esiste distinzione nominale: Hamas, Fatah, l’Olp, Movimento per il Jihad Islamico in Palestina. Non esiste parte moderata quando si celebra la morte. Lo dimostrano da anni i discorsi dei leader di Fatah tradotti dall’arabo, i contenuti delle televisioni controllate da Hamas e quelle dell’Autorità nazionale palestinese di Abu Mazen, dei programmi per bambini o di video musicali dove si demonizza l’ebreo, lo si spoglia di umanità – occupa, ruba, uccide, beve sangue umano, diffonde droga e aids in Palestina – e poi si plasmano assassini nuovi con lo stampo di quelli vecchi, infine si mostra la ricompensa, cioè il paradiso. Più del 68.6% dei palestinesi è favorevole alla legge coranica (Shari’a) e crede nella shahada, il martirio.

Il culto della morte. Ad assassini come Mughrabi Dalal (ha ucciso 37 passeggeri di un bus nel 1978, tra cui dieci bambini) vengono dedicate piazze, scuole, campi estivi, tornei di calcio o sale computer, tutto pagato dal Ministero della gioventù o da altre istituzioni palestinesi. Spesso l’Autorità nazionale palestinese traduce in inglese i discorsi più importanti del presidente Abu Mazen e li pubblica sul sito web della sua agenzia di stampa ufficiale Wafa ma persone come Itamar Marcus, Direttore dell’organizzazione israeliana Palestinian Media Watch, dal 1996 monitorano e analizzano testi scolastici, programmi tv, documentari, cartoons, giornali diffusi in Palestina, dove intere generazioni sono educate all’odio e alla violenza contro l’ebreo singolo e quello collettivo, ovvero Israele. Abbiamo visto ed ascoltato nelle piazze di tutto il mondo la parola “Morte” a fianco della parola Israele, ebrei, sionisti o America. Scritta sui manifesti e urlata con violenta avversione. Dalla Palestina all’Iran, allo Yemen, in Italia, in Francia, in Australia, in Spagna, Tunisia, Egitto, Sud Africa, Giordania, Libano, Belgio, Colombia. In tutto il mondo è stato manifestato odio.

Non ci sono state altrettante manifestazioni di massa in solidarietà con gli ebrei e con lo Stato di Israele. Anzi. Il 25 di ottobre l’Anti-Defamation League, Associazione ebraica che contrasta le diverse forme di antisemitismo, pubblica un report denunciando che dall’azione terroristica di Hamas contro Israele negli Stati Uniti gli episodi di antisemitismo – aggressioni, assalti, insulti e atti vandalici – sono stati registrati un totale di 312 episodi di antisemitismo tra il 7 e il 23 ottobre 2023, 190 dei quali direttamente collegati alla guerra in Israele e Gaza.

Un problema non solo per gli ebrei ma soprattutto per quella parte di mondo autodefinitosi “occidentale”. Sono le nostre piazze ad essere calpestate da persone che manifestano a favore di chi metterebbe un velo a suon di botte a mia madre, lapiderebbe quel mio amico omosessuale, mi vieterebbe di uscire in pantaloncini, sposerebbe una bambina, oppure farebbe una gran festa se io morissi suicida per il suo Credo. Chi manifesta per questa gente minaccia la vita non solo degli ebrei. Semi del male interrati nel giardino di casa nostra. L’antisemitismo, dice David Grossman, «è uno specchio dei fallimenti degli individui, delle strutture sociali e dei sistemi statali. Dimmi di cosa accusi gli ebrei e ti dirò di cosa sei colpevole». Le piazze occidentali sono colpevoli di ospitare le manifestazioni di odio e di morte, è la risposta a Grossman.

Non c’è quantità di terra che mondi il terrorismo palestinese, di Gaza e aldilà del Giordano, uccidere per loro è una missione non una reazione. Non esisteva Hamas quando Settembre Nero, Abu Nidal, l’OLP di Arafat, compivano omicidi ed attentati in Israele e in tutto il mondo: terroristi suicidi sugli autobus, nei bar, nei centri commerciali israeliani, Monaco, Fiumicino, Leon Klinghoffer, sessantanovenne paraplegico ucciso e gettato in mare, il piccolo Stefano Gaj Taché…

Il terrorismo palestinese negli anni ha ucciso centinaia di bambini tra ebrei e musulmani, spesso indottrinati o vittime collaterali. Golda Meir negli anni ’70: «La pace arriverà quando gli arabi ameranno più i loro bambini di quanto odino noi». Ismail Haniyeh, ottobre 2023: «Abbiamo bisogno del sangue di donne, bambini e anziani palestinesi, per la nostra lotta». What else? Una nota sul leader di Hamas: nel 2014 sua figlia, una bambina allora, venne curata in un ospedale di Tel Aviv e in passato era stata curata la moglie di Haniyeh in un ospedale israeliano, da medici ebrei.

Non viene ora e da Gaza il culto della morte dei terroristi palestinesi ma ha profonde radici storiche. Ne parliamo con Mirella Serri:

Prima, durante e dopo la sua presenza a Berlino dal 1941 al 1945, al-Ḥusayni svolse un ruolo centrale nel plasmare la tradizione politica dell’islamismo, offrendo un’interpretazione della religione dell’Islam come intrinsecamente antisemita e antisionista e collegando tale versione a le teorie del complotto antisemita della storia europea moderna.

Questo ci ricorda Serri, saggista e giornalista, che, con il capolavoro Bambini in fuga. I giovanissimi ebrei braccati da nazisti e fondamentalisti islamici e gli eroi italiani che li salvarono (Longanesi, Milano 2017), offre una prospettiva sul ruolo di un personaggio chiave nella Shoah nonché uno dei padri fondatori della tradizione ideologica dell’Islam radicale: Muḥammad Amin al-Husayni, figura di spicco del movimento nazionale palestinese dal momento della sua nomina a Gran Mufti di Gerusalemme nel 1921 fino alla guida dei palestinesi durante la prima guerra arabo-israeliana del 1948.  Fu maestro di Yasser Arafat, il cui nome per esteso era Muḥammad Abd al-Raḥman Abd al-Raʾuf al-Qudwa al-Husayni. Alla conferenza politica araba tenutasi dall’8 al 9 settembre 1937 fu pronunciato a Bludan, in Siria, il primo dei testi canonici di al-Ḥusayni, L’Islam e gli ebrei, quattro anni prima del suo arrivo nella Berlino nazista.

Durante l’annuale processione a Gerusalemme nel 1920 al-Ḥusayni esorta i musulmani a coalizzarsi per creare uno Stato islamico in Siria e in Palestina e fa affiggere manifesti che contenevano messaggi del tipo “Non sono previste punizioni per chi uccide gli ebrei”. Dal 1920 in poi i gruppi di arabi entrano nel quartiere ebraico di Gerusalemme distruggono e saccheggiano negozi abitazioni picchiano a morte persino ebrei ortodossi ma non sionisti, addirittura antisionisti.

Sembra di vedere delle immagini del 7 ottobre 2023:

Furono circa 300 gli ebrei evacuati dalla città vecchia, vi furono cinque vittime e 211 feriti. E la cosa importante – sottolinea Mirella Serri – è che a partire dal 1920 al Husayni entrò in rotta di collisione con gli arabi moderati, con gli islamici moderati, e fece assassinare molti ma molti suoi nemici politici. Questo è molto interessante. Le organizzazioni terroristiche non solo uccidono gli ebrei ma terrorizzano e mettono sotto scacco anche l’Islam moderato.

Vi furono gravi errori compiuti dalla Gran Bretagna, potenza mandataria in Palestina?

L’Alto commissario Herbert Louis Samuel – che tra l’altro proveniva da una famiglia ebraica e che poi divenne capo del Partito liberale britannico – sostenne e fece diventare anche con dei brogli Al Husayni Gran Mufti nel 1921. Al-Ḥusayni approdò anche in Italia e fu molto apprezzato da Mussolini, poi dal 1941 fu a fianco di Hitler quando gli vennero affidate le trasmissioni in lingua araba nelle quali si affermava che uccidere un ebreo non è un reato. Al-Ḥusayni aveva guidato bande armate contro gli ebrei in Palestina e a Berlino incitava all’uccisione dei bambini ebrei. Bisognava sterminarli come razza fin da piccoli.

Sradicare il futuro?

Al-Ḥusayni teorizzava che bisogna sgozzare i giovani ebrei, al pari di Adolf Eichmann. Gli viene affidato da Hitler il compito di formare delle squadre di SS islamiche e addirittura sarà l’ispiratore o padre spirituale del capo degli attentatori degli atleti israeliani a Monaco di Baviera durante le Olimpiadi del 1972. È nella cultura di Hamas l’odio per gli ebrei e l’educazione alla paura. Non tutti i palestinesi nutrono questo odio viscerale verso gli ebrei. Al contrario, ma non possono ribellarsi ai miliziani di Hamas. Hamas, la predicazione di Al-Ḥusayni ce l’ha nel Dna. È una storia che conoscono molto bene.

E che si ripete.

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