Recensione a: M. de Unamuno, Epistolario II (1900-1904), introduzione, edizione e note di Colette e J.-C. Rabaté, prologo di R. Rivero Ortega, Ediciones Universidad de Salamanca, Salamanca 2023, pp. 1113, € 50,00.
Questo secondo volume dell’epistolario di Miguel de Unamuno (1900-1904) si affianca al primo (1880-1899) che i coniugi Rabaté pubblicarono nel 2017, sempre con il patrocinio delle edizioni dell’Università di Salamanca e la con la preziosa collaborazione di tutto il personale dell’archivio privato Unamuno della Calle Libreros. Sono attesi altri sei volumi, che daranno alla luce la raccolta del corpus delle lettere di Unamuno.
Attualmente i due ricercatori francesi sono riusciti a recuperare le copie di circa 3000 missive unamuniane, mentre nell’archivio di Salamanca sono catalogate oltre 10.000 fra lettere, cartoline, biglietti postali, che Unamuno ricevette nel corso della sua vita e conservò scrupolosamente. Si tratta di una mole immensa di manoscritti, che hanno tenuto impegnati i ricercatori del vecchio e del nuovo mondo per oltre ottant’anni, ovvero dalla scomparsa di Don Miguel, nel 1936, un anno fatale sempre vivo nella memoria degli spagnoli, perché sanciva l’inizio della terribile Guerra Civil.
Questo secondo volume abbraccia un intero lustro, lo apre una lettera ad Eduardo Gómez de Baquero del 12 gennaio 1900 (n. 304) e si chiude con una ad Ángel Pulido del dicembre del 1904 (n. 694). La numerazione delle lettere, trascritte in ordine cronologico, continua quella del primo volume.
L’inizio del Novecento, nella vita di Miguel de Unamuno, è come uno spartiacque. Nell’introduzione i Rabaté ricordano che fu proprio qui, a Salamanca, che Unamuno compì quarant’anni (p. 30 e segg.). La burrascosa e controversa crisi di fine secolo, sulla quale la critica si è soffermata a lungo (rimando al numero 32 della rivista Cuadernos de la Cátedra Miguel de Unamuno che è interamente dedicato a questo passaggio cruciale) è ormai alle spalle, e a Salamanca Don Miguel iniziava una nuova vita, ricca di successi professionali. Si legge nell’introduzione: «per superare il timore per l’incedere inesorabile del tempo si convinse che la conquista della fama è un altro modo per superare la morte» (p. 33). Qui «lavorava come non mai, qui il suo pensiero diveniva più profondo», così scriveva all’amico Múgica in una lunghissima lettera del gennaio 1900 (cfr. p. 148).
A 35 anni, il primo ottobre 1900, tenne il discorso che inaugurava l’anno accademico alla presenza del rettore Esperabé, che però, avendo compiuto settant’anni, aveva maturato il trattamento di quiescenza (cfr. p. 308). Proprio ad Unamuno, quasi l’ultimo arrivato nel Claustro accademico, toccò l’onore di subentrare al Rettore emerito, ed il 26 ottobre di quello stesso anno, con Real Decreto, iniziava la sua nuova vita come rettore del più antico ateneo di Spagna (p. 321).
Non mancarono, però, alcune difficoltà, come la morte del figlio Raimundín, che era malato dalla nascita (cfr. p. 18 e 515), o le tensioni con il ministro della cultura, il Conte Romanones; ci fu persino uno scandalo finanziario, che mise a dura prova il rettorato: «è venuto fuori che in questa segreteria c’è stata una appropriazione indebita di denaro che era destinato alle Facoltà Municipali […] e sono io a risponderne personalmente» (p. 543). Come sottolineano i Rabaté nella loro introduzione, il rettorato è certamente «eterodosso e viene criticato, si profila la possibilità di destituirlo» (p. 15), ma Unamuno continuava imperterrito a dispetto del chiacchiericcio e dei malumori, “vientos de discordia”. Su questo punto si soffermano a lungo i Rabaté nella loro introduzione (cfr. pp. 34-60).
Nel 1902 il Rettore e il re Alfonso XIII, lo stesso sovrano che vent’anni più tardi lo avrebbe esiliato alle Canarie, si incontrarono ufficialmente, a Madrid, e in quegli stessi anni nacque l’amicizia con Gabriel y Galán, un poeta che proprio Unamuno contribuì a rendere noto al grande pubblico. Nel 1904 fu lo stesso sovrano a recarsi in visita a Salamanca, per inaugurare il corso accademico dell’anno 1904-05. L’episodio non è descritto con molte note di colore da Unamuno, di quell’incontro restano poche righe, all’amico Múgica scriveva: «È venuto il re e se n’è andato» (p. 933). Eppure insieme ad Alfonso XIII Unamuno viaggiò in treno fino a Zamora. Anche altrove i riferimenti di Unamuno al re sono scarni e non sono certo positivi (cfr. pp. 77-81).
Passando al versante letterario, possiamo ricordare che durante gli anni che rivivono in queste lettere Unamuno pubblicava alcuni dei suoi lavori più luminosi: Paesaggi, Amore e Pedagogia, De mi país (ancora inedito in Italia), ma specialmente va ripetuto che è in questi anni che prende forma l’opera che lo rese più celebre nel nostro paese, la Vida de don Quijote y Sancho, che Gilberto Beccari tradusse col titolo di Commento al Don Chisciotte. Già nel luglio del 1900, in una lettera a Dionisio Pérez (p. 271), viene comunicata l’intenzione di pubblicare le Meditaciones sobre el Quijote, e a partire dal febbraio del 1904 l’opera viene menzionata ricorrentemente, a conferma del fatto che il Rettore aveva concretamente iniziato a mettere mano a questo progetto, che infatti fu portato a termine proprio nell’anno seguente.
Questo secondo volume dell’epistolario è un’opera destinata fondamentalmente agli specialisti di Unamuno e sarà col tempo indispensabile per ricostruire la genesi delle sue idee, nelle precedenti edizioni delle Obras Completas non erano mai state incluse le lettere. Un epistolario come questo, tuttavia, non sostituisce le edizioni critiche dei singoli carteggi, che includono sia le lettere di Unamuno che le risposte dei suoi corrispondenti (spesso conservate in originale nel fondo manoscritti dell’archivio di Salamanca). In questa edizione dei Rabaté, infatti, una nota a piè di pagina indica la provenienza di ciascun documento, ed in seconda battuta, qualora non si tratti di un inedito, vengono citate le edizioni precedenti di quella specifica missiva.
A completare il testo, alla fine del volume ci sono gli indici di oltre 130 pagine. Sono un fondamentale ed indispensabile ausilio alla lettura, e consiglio a tutti i ricercatori di iniziare la consultazione di questo prezioso volume proprio da qui, anche se alcuni difetti, a mio modesto parere, si potevano facilmente correggere. L’indice delle lettere, ad esempio, contiene l’elenco in ordine cronologico tutte le missive, precedute dal numero progressivo e seguite dalla pagina corrispondente, ma manca la data. Stessa cosa per l’indice dei corrispondenti, che vengono elencati in ordine alfabetico, con il rimando alla numerazione delle lettere, ma per conoscere la datazione bisogna sfogliare le oltre mille pagine dell’opera e prendere in esame ciascuna lettera singolarmente. Manca un indice analitico generale, perché i Rabaté hanno preferito crearne tre diversi – e dettagliati – così suddivisi: Indice dizionario, Indice di giornali e riviste, Indice toponimico. Il primo spiega in poche righe chi sono i personaggi citati nel libro, ma include sia i corrispondenti di Unamuno che gli autori citati negli epistolari, mescolando autori antichi e moderni; non comprendo la necessità di vedere Tito Livio fra Emilio Thuillier e Nicola Tolstoj, per fare un esempio.
L’indice dei periodici, invece, è il fiore all’occhiello di questo volume, perché gli scritti ai quali accenna Unamuno sono sparsi in decine di riviste, e senza un lavoro infaticabile durato diversi decenni, non potremmo mai risalire a tutte le sue collaborazioni giornalistiche, disseminate anche su testate locali con una tiratura molto ridotta. Anche l’indice dei luoghi citati è indispensabile, perché Unamuno menziona le più amene località di montagna della Sierra de Francia, che pochissimi lettori conosceranno, e minuscoli villaggi di pescatori tra Bilbao e Guernica, il paese natale della moglie, che sono davvero irriconoscibili al giorno d’oggi con la crescita demografica della costa Atlantica e la cementificazione di molti litorali.
Chiude il volume di oltre mille pagine il ricordo di Julián Montes Gonzalo, il bibliotecario che tutti coloro che hanno avuto il piacere di frequentare la Casa-Museo Miguel de Unamuno negli anni Novanta ricorderanno con affetto. A lui Colette e Jean-Claude hanno dedicato queste parole che Unamuno scrisse per la morte di un amico: «Era buono. Lo era davvero». Ci ha abbandonato prematuramente, ricordandoci la brevità del nostro cammino. Alla fine l’Archivio e queste lettere che gli infaticabili Rabaté hanno riportato alla luce è anche frutto del lavoro di Julián. Grazie.