Rossella Pace è PhD Student in Storia dell'Europa presso l'Università "La Sapienza" di Roma. Segretario Generale dell'Istituto Storico per il Pensiero Liberale Internazionale. Si è occupata prevalentemente di Storia contemporanea nella specie di Storia del Liberalismo in particolare riguardo al caso italiano. Si occupa, poi, di Storia della Resistenza e di Storia sociale e delle donne.
Il popolarismo sturziano come antidoto ai populismi
Nel volume I limiti del popolo (Rubbettino, Soveria Mannelli 2020, pp. 404) Flavio Felice ricostruisce la genesi e il fondamento culturale della concezione sturziana della democrazia, nell’arco della sua lunga riflessione e prassi politica, utilizzando come cartina di tornasole della sua analisi il confronto tra popolarismo e populismo, e identificando nella lezione del fondatore del Partito Popolare l’antidoto più efficace alle derive causate da quest’ultimo che egli individua come una forma di semplificazione personalistica ed emotiva della democrazia stessa, implicante una tendenza talvolta spiccata verso forme di para – autoritarismo.
Ad avviso di Felice, il popolarismo sturziano si viene a configurare, ripercorrendo le tappe della sua definizione, come una versione matura del principio democratico affermatosi dalla Rivoluzione francese al primo Novecento. Infatti, la sua riflessione ed azione convergono, secondo l’autore, nell’ opzione in favore di una struttura poliarchica del potere in cui la sovranità popolare, nelle varie forme della sua espressione, assume il ruolo di limite ossia principio equilibratore, un ruolo che si concretizza nella dialettica tra le Istituzioni e i fenomeni associativi spontanei che sorgono nella società civile.
Nella poliarchia, il popolo, non è un elemento monolitico ma piuttosto una rete multiforme capace di assorbire e incanalare le spinte conflittuali senza annullarle. Dunque, una democrazia poliarchica e intrinsecamente pluralista, non soltanto a livello politico – partitico ma prima ancora a livello sociale e culturale. In quanto tale essa oppone naturalmente resistenza alla semplificazione della dialettica politica che può sfociare nell’autoritarismo. In questo senso possiamo capire perché nell’interpretazione di Felice il popolarismo, di cui Sturzo costituisce la versione più profonda, rappresenti l’antidoto più efficace al populismo. Quest’ultimo, secondo l’Autore, è un fenomeno che va prendendo piede sempre più nella democrazia di massa quando si enfatizza al massimo il rapporto binario tra popolo, concepito come un blocco indistinto, e leader. Il popolarismo sturziano vede nel popolo oltre che il soggetto del pluralismo, una costante autorità di antipotere, attraverso l’azione politica basata sulla libertà che può e deve porre costantemente in discussione il quadro politico e le leadership esistenti. Questa resistenza all’abuso del potere e ai suoi stereotipi ha origine in Sturzo, come già in Tocqueville, nella funzione vivificante esercitata sulla dialettica sociale e politica dalla fede cristiana. Lo sguardo costantemente rivolto al trascendente per sua natura relativizza il potere politico, così come la iperpoliticizzazione, perché pone sempre al di sopra di esse il patrimonio inalienabile della coscienza di ciascun individuo rendendo feconde le relazioni tra di essi a partire dallo stato associativo più informale fino ad arrivare alle forme più definite dal punto di vista politico, istituzionale e giuridico. Per quanto riguarda la filosofia che fonda il suo pensiero politico, Sturzo si può definire, secondo Felice, come un personalista nello stesso senso di pensatori come Mounier e Maritain, ma, rispetto ad essi in lui si nota una maggiore enfasi sulla responsabilità dell’individuo e un maggiore legame con il liberalismo di scuola anglosassone, che per lui si esprime soprattutto nel valore del principio maggioritario e nella facoltà legislativa del Parlamento.
L’auspicio, rivendicato dallo stesso Autore nelle conclusioni, è che a sessant’anni dalla sua morte, lo studio del suo percorso di pensiero e azione possa contribuire significativamente alla prosecuzione del popolarismo democratico di Sturzo, aggiornato alle alla luce delle sfide dei tempi e contaminato dalle riflessioni e dalle analisi dei maggiori interpreti contemporanei delle scienze sociali. Soprattutto che “possa tornare a essere una speranza per chi non ha mai smesso di credere nella libertà e nella responsabilità di ciascuno come motori del processo democratico”.