Lara Gallarati (1994), diplomata al Liceo Scientifico "Paolo Frisi" di Monza, è avvocato a Milano. Collabora con la rivista online «Salvis Juribus» e con il blog "DirittoConsenso".
Recensione a: V. Roppo, Garantismo. I nemici, i falsi amici, le avventure, Baldini & Castoldi, Milano 2022, pp. 447, € 25.00.
Quello del garantismo è un tema tanto attuale quanto vasto e il saggio di Vincenzo Roppo in commento può considerarsi una sorta di manuale delle istruzioni per l’uso. In maniera certosina l’Autore esplora le sfaccettature di questo concetto atomizzandone tutte le diverse componenti e tutti i contesti in cui può manifestarsi, illustrandone vizi e virtù e, come ogni buon manuale, fornisce dei paradigmi generali applicabili in ambiti quanto più diversi.
Quello più noto è, chiaramente, il garantismo penale: il corpus di diritti fondamentali della persona nel momento in cui viene accusata di un reato e deve subire una serie di limitazioni delle proprie libertà in nome dell’accertamento delle sue eventuali responsabilità e della prevenzione di determinati rischi (misure cautelari). Esiste però anche il garantismo istituzionale, che attiene invece, in senso più generale, al rispetto della separazione dei poteri sancita dalla Costituzione.
Al contempo, si definisce garantismo sociale quello costituito dalle concrete misure che lo Stato adotta per realizzare il principio di eguaglianza sostanziale di cui al secondo comma dell’art. 3 della Carta Costituzionale: la rimozione di ostacoli, economici o sociali, alla piena realizzazione della persona e della sua dignità.
Tanti garantismi, accomunati però da una caratteristica: sono comunque assoggettabili ad un bilanciamento con altri interessi egualmente meritevoli di tutela. Tanto da individuare, nella parte finale del saggio, una serie di deformazioni date da un eccesso di garantismo, dalla sua assolutizzazione, implicante l’intoccabilità di determinati interessi anche a fronte di impellenti necessità: in questo senso, ad esempio, assolutizzare il principio della libertà personale in tempo di pandemia di Covid-19 avrebbe comportato una maggiore diffusione del contagio a discapito del bene giuridico, egualmente costituzionale, della salute pubblica.
Il garantismo, contrapposto al giustizialismo, diventa cartina di tornasole del livello di maturità, di civiltà sia della società che della sua classe dirigente nelle più svariate circostanze, spaziando da noti casi giudiziari all’emergenza pandemica. Alla luce di questi pilastri, il bilancio relativo al livello di rispetto del garantismo in Italia è, ad avviso dell’Autore, negativo da lungo tempo.
Talune vicende giudiziarie, ad esempio, hanno visto (e tutt’oggi vedono) l’invasione della magistratura nella dimensione politica e un suo eccessivo protagonismo, improntato all’obiettivo di dare lezioni morali alla collettività. Il saggio ricorda che non è compito della magistratura quello di applicare pene esemplari dando insegnamenti alla società; suo compito è quello di applicare la legge nel concreto e singolo caso, pena il sacrificio del garantismo istituzionale. Come invece, in altre vicende giudiziarie, si scontrano una prospettiva più che preventiva, ai confini del principio di offensività, e una, invece, ossequiosa del diritto penale del fatto: entra in gioco, in questo caso, il garantismo penale, processuale. Né è da ritenersi indenne da critiche il potere legislativo: con un approccio eccessivamente politicizzato e poco logico-giuridico, finalizzato a raccogliere consenso elettorale più che ad affrontare e risolvere problemi, finisce per produrre un diritto penale puramente simbolico, privo di reale efficacia sulla riduzione dei fenomeni criminosi che ne sono oggetto.
Un saggio, questo di Roppo, accessibile nel linguaggio anche a chi non sia un “addetto ai lavori”, certamente un importante contributo culturale su diversi episodi che hanno invaso per mesi le trasmissioni televisive. Tuttavia, a chi scrive sovvengono delle riflessioni. Ad esempio, in merito all’aspra critica al “populismo penale” del legislatore: il saggio pare infatti partire dall’assunto per cui accontentare i cittadini legiferando in base ai loro impulsi emotivi sia per definizione una cosa negativa, una manovra finalizzata esclusivamente a raccogliere il consenso e ottenere la vittoria politica. Non credo sia giusto essere così severi nei confronti di questa dinamica. È compito del legislatore conoscere, ascoltare e soddisfare la comunità di persone cui le leggi si rivolgono; per questo il Parlamento è pensato, nel nostro ordinamento, come organo rappresentativo. Premettendo che il diritto è innanzitutto bilanciamento di interessi contrapposti, questo equilibrio non è oggettivo e razionale: ogni pretesa rappresenta una scala di valori, di priorità, rispetto alla quale occorre scendere a compromesso con una scala di priorità e di valori differente. E il risultato dipende dalla sensibilità di un popolo, dalla sua cultura, dalla sua storia, dal suo modo di percepire la realtà.
Prendiamo il caso della legittima difesa domiciliare, istituto accusato di eccesso di giustizialismo populista. In quest’ottica, è tanto deprecabile che un popolo abbia particolarmente a cuore la tutela, la sacralità della propria casa e che dunque accolga con favore questa norma? Ad avviso di chi scrive, è piuttosto una disposizione che adatta un’applicazione eccessivamente razionale e freddamente logica di un istituto a dei casi reali, “caldi” viene da dire, fatti non di “soggetti agenti” e “parti civili”, ma di persone e di paure. La norma permette di presumere la proporzionalità tra difesa armata e offesa non semplicemente ogniqualvolta un’aggressione avvenga all’interno delle mura domestiche, ma quando l’aggressione mette a rischio specifici beni giuridici, cioè la propria o l’altrui incolumità, limitando analoga protezione per i beni patrimoniali solo quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione: dunque, pur con tutela rafforzata, si conserva una certa proporzionalità, essendo molto più tutelato il bene dell’integrità fisica rispetto a quello del patrimonio. Inoltre, è sempre giustificato colui che si difende non da una semplice aggressione, ma da un’intrusione posta in essere con violenza, minaccia, uso di armi o altri mezzi di coazione fisica.
Ora, se una comunità ritiene questo un equo bilanciamento, sentendo la necessità di una tutela rafforzata di determinati beni giuridici, perché tacciare di populismo il legislatore che accoglie questa esigenza sociale, questo maggior bisogno di protezione?
Allo stesso modo è problematico il tema della gestione della pandemia: secondo l’Autore, le iniziative assunte da alcune Procure della Repubblica, volte ad accertare eventuali responsabilità della classe politica in ordine agli interventi di contenimento del contagio da Covid-19, sono eccessive, in ottica garantista, in considerazione dello stato di emergenza e della poca conoscenza che, al momento dei fatti, si aveva del virus. L’Autore individua anche in questo caso un accanimento del potere giudiziario, finalizzato a voler per forza trovare un responsabile soddisfando così la “sete di punizione” della società.
Ora, se è vero che il livello di conoscenza del virus nella fase iniziale della pandemia era quasi nullo, è altresì vero che le Istituzioni sono state gravemente negligenti su alcune misure preventive che erano comunque tenute ad adottare, a prescindere dall’effettivo realizzarsi del pericolo: è giustificabile il mancato aggiornamento del Piano Pandemico? Non sarà responsabilità penale, ma una negligenza simile porterebbe qualsiasi privato a gravi sanzioni (si pensi alla mancata adozione dei modelli preventivi di organizzazione e gestione da parte degli imprenditori nelle proprie imprese); immunizzare i dirigenti politici su analoghe omissioni è garantismo istituzionale o privilegio?
Sarebbe stato molto interessante leggere l’opinione dell’Autore su questi profili, considerando l’intelligenza dello scritto in commento, di cui ad ogni modo si consiglia caldamente la lettura per chi voglia approcciare un diverso metodo di analisi della legge, della società e della politica, meno “commerciale” e più meditato.