Enrico Palma (1995) è dottore di ricerca in Scienze dell’Interpretazione e collaboratore della cattedra di Filosofia teoretica del Disum di Catania. Ha pubblicato saggi, articoli e recensioni per numerose riviste nazionali e internazionali. Le sue aree di ricerca sono principalmente la metafisica, le intersezioni tra filosofia e letteratura in chiave ermeneutica e l’ontologia della scrittura letteraria. Nel 2022 ha partecipato alla collana Greco. Lingua, storia e cultura di una grande civiltà del "Corriere della Sera" con la cura del volume ψυχή. L’anima. Nel 2024 ha pubblicato De scriptura. Dolore e salvezza in Proust (Mimesis, Milano-Udine). Nel 2024 ha conseguito l’Abilitazione Scientifica Nazionale alle funzioni di Professore di II fascia per il S.S.D. di Filosofia Teoretica (11/C1).

Challengers

di Luca Guadagnino

Stati Uniti d’America, Italia 2024

Con Zendaya (Tashi Duncan), Josh O’Connor (Patrick Zweig), Mike Faist (Art Donaldson)

Una delle rappresentazioni e spiegazioni più acute che il mondo antico ha dato dei sentimenti e delle passioni umane è senza ombra di dubbio il celeberrimo mito della “biga alata” di Platone. Riassumendo, senza bisogno di ripercorrerne la trama concettuale, l’anima umana, il complesso psicosomatico che siamo, il corpomente, è nell’autenticità di sé quando tutte le istanze sono temperate tra di loro, quando, in un’ortocronia esistenziale, ciascuna di esse può agire e avere il predominio sulle altre, benché sempre parziale e circoscritto.

Con le dovute distinzioni e cautele teoriche, mi sembra che sia questo lo schema strutturale del triangolo amoroso del film di Luca Guadagnino, se vogliamo, in termini più rudi e più spinti, un ménage à trois, con a capo però una figura femminile sensuale e fatale. A turno, infatti, come le tante partite di tennis che si giocano durante il film, i protagonisti interpretano i vari ruoli, realizzando dunque una perfetta triangolazione. Ci sono i due amici dall’infanzia, così affiatati e uniti da giocare insieme i tornei giovanili di doppio, benché uno, Patrick, sia chiaramente più bravo dell’altro, Art. Fino a quando non incontrano Tashi (Zendaya), la promessa del futuro del tennis femminile, di cui si innamorano, inscenando nella loro stanza d’albergo un simpatico siparietto erotico. Patrick, come il cavallo nero, è quello che si direbbe “genio e sregolatezza”, con notevoli forza e risolutezza caratteriali, le quali però finiranno per compromettere il suo successo, che invece arriderà ad Art, colui che si affermerà nel panorama del tennis mondiale e scalerà il ranking, ma senza mai avere quel salto di qualità che avrebbe potuto fare con il talento dell’amico. Tashi, di primo acchito, risvegliando in modo forte e vigoroso la loro energia sessuale, un agonismo come non lo avevano mai conosciuto, è l’oggetto della contesa, il premio del triangolo per chi, sul campo da gioco, come in un duello cortese tra cavalieri, avrà la meglio sull’altro. A vincere è Patrick, che avrà Tashi come trofeo, con cui inizierà una relazione all’ombra di un Art visibilmente innamorato di lei.

Tuttavia, nella relazione tra Tashi e Art c’è un grande problema, un scoglio inaggirabile che a un certo punto determinerà la rottura. Tashi è una natura estremamente competitiva e dominante, e avrebbe accettato una relazione solo a condizione che fosse lei a dettare le regole e a detenere il comando. Cosa che, per Patrick, è impossibile da accogliere. Dove può concludersi, scartato il primo, questa affinità elettiva? Nella relazione, adesso possibile e forse inevitabile, tra Tashi e Art, il quale è molto più gentile, onesto, compiacente, aggettivi, nobili solo in apparenza, che in una relazione con una donna simile si tramutano immediatamente nel loro vero aspetto: rinunciatario, remissivo, succube. In una parola: dominato.

E questo si conferma subito dopo il tragico infortunio di Tashi, avvenuto a causa del grande nervosismo suscitato dall’alterco con Patrick precedente alla rottura (come si legge sul cellulare di Art nel messaggio inviatogli da Patrick: «Had a big fight»). Questo evento apre definitivamente le porte alla relazione con Art, attraverso il quale Tashi potrà non soltanto esercitare il comando e la sopraffazione che sono tipici del suo carattere ma anche e soprattutto partecipare a quel successo che adesso solo lui può permetterle. Ma è una relazione piatta, abitudinaria, in cui manca letteralmente vibrazione, che per una sportiva come lei significa agonismo e lotta spietata per la vittoria su un avversario. E difatti, quando si presenta l’occasione, quando questo lato debole della relazione con Art prende il sopravvento e si fa sentire con tutto il suo peso, Tashi cede a Patrick, perché è l’unico a garantirle tale agonismo.

La dinamica di questo film mostra in modo chiarissimo una delle verità, forse la più profonda insieme a quella indagata sottilmente da Stendhal e da Proust, riguardo al sentimento amoroso, la sua identità, cioè, sportiva. E non è un caso che, persino nella metafora platonica, il funzionamento delle passioni e dell’anima sia spiegato ricorrendo a una biga utilizzata per lo più nelle competizioni sportive. L’amore è una guerra tra i sessi, è una lotta, che per poter sussistere deve contemplare al proprio interno tale agonismo fondamentale, perché se si cede all’altro, convinti che l’affido di sé sia la sua essenza più nobile, si commette il più esiziale degli errori, fatale al punto da essere sconfitti, battuti e vinti, che tradotti nel loro esito naturale vuol dire abbandono. L’amore non è solo il frutto dei cosiddetti buoni sentimenti, che il più delle volte finiscono per essere uno sbaglio o utilizzati addirittura contro chi li prova e li offre all’altro, ma il risultato di un’energia agonica che mantiene vivo l’interesse, ardente la fiamma, nella lotta ancestrale per la sopraffazione in cui questo sentimento affonda le proprie radici.

L’amore è certamente anche la tenerezza, la disponibilità, il candore e la gentilezza di Art (del resto indagati con un plauso unanime in Call Me by Your Name), ma questa parzialità rischia di essere appunto compromettente, quando uno dei componenti della relazione si arrende totalmente all’altro, perdendo la lotta e determinando la ricerca di una scappatoia, come accade a Tashi che la notte prima della sfida tra i due amici di un tempo si concede nuovamente a Patrick, per riprovare ancora quel brivido che il suo attuale marito non è più in grado di darle. Questo film appare così radicale che l’amore dolce e romantico, privo, come si diceva, della lotta, dell’agonismo, della competizione, diventa una solenne menzogna. La realtà e la verità dell’amore è questo: una lotta senza quartiere.

È per questa ragione, dunque, che il ricorso al mito platonico illumina molto bene i personaggi del film, i quali diventano l’incarnazione di alcuni universali del carattere umano. Essi, infatti, considerati nel loro complesso, rappresentano la totalità del sentimento, la triangolazione necessaria all’amore: l’accondiscendenza, utile nella sofferenza e nel supporto, ma da accompagnare all’agonismo, alla lotta, al furore quando servono. Lo stesso Platone, del resto, fu uno sportivo, un pugile abile e temuto. Sicché una buona prova è l’unione, o l’applicazione alternata, dei caratteri di Patrick e Art, per possedere la più potente di tutte, Tashi, metafora della donna e dell’oggetto amoroso quale vera padrona, quale vera auriga. Nella mescolanza e nell’equilibrio tra i tre può trovarsi la chiave per reggere una relazione e un sentimento in armonia.

Due dominatori sono incompatibili, come lo sono Tashi e Patrick, ma comunque irresistibilmente attratti benché solo per momenti fugaci, i soli che possono permettersi; durano di più un dominatore e un succube, perché si completano e raggiungono un equilibrio in vista della stabilità e dell’ordine, nel lavoro come nella famiglia, di cui sono esempio Tashi e Art. Il successo, la vittoria, è l’abbraccio finale tra i due, Art e Patrick, che combattono strenuamente fino all’ultimo punto della loro partita per l’amore, di due caratteri che solo insieme possono interessare e tenere testa a Tashi, la quale, vedendo la loro lotta e la loro unione, può finalmente esplodere in un urlo di successo, segno decisivo dell’equilibrio raggiunto.

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