Ivo Stefano Germano è docente di Media digitali e Strategie della comunicazione politica e istituzionale presso l'Università del Molise. È autore di numerosi saggi e articoli scientifici, nonché monografie, tra cui: #Quartierinogauchecaviar. Sneackers rosse eppur bisogna andar, Pendragon, Bologna 2018; Aside Story. La fatica delle vacanze (con S. Borgatti), goWare, Firenze 2017; New Gold Dream. E altre storie degli anni Ottanta (con D. Masotti), Pendragon, Bologna 2013.

Io non so niente di Iran. Ancora faccio fatica a districarmi con termini come “teocrazia”, “popolo del bazar”. Prima dei Parti, poi dei Persiani lessi distrattamente qualcosa al ginnasio sul Camera-Fabietti di storia, poco prima che suonasse la campanella. Non m’interessa se sia un fake, una montatura, una manipolazione, l’ennesima, per fare del differenzialismo da pochi spicci sulle donne e l’Islam e nell’Islam. Davvero non ne voglio fare un gradiente da ingastrimento identitario, woke o non woke che sia. Insomma non voglio dire la mia. Tantomeno la vostra. Però, però…

C’è una forza sapienziale in Ahou Daryaei (pare si chiami così). Trent’anni. Studentessa di letteratura francese, dunque elegante. Nel suo camminare coraggioso, leale, non fatuo come tante finte rivendicazioni da questa parte d’Occidente. Senza preavviso, misurata in un rapporto plausibile con le cose del mondo, come detta la saggezza Sufi. Qualcosa d’incommensurabile che nessun ospedale psichiatrico potrà trattenere, conculcare, nel silenzio e nell’oppressione. È un bel tono di lilla. Sembra un fotogramma da anni Settanta. Come un fiore in un giardino segreto. Roba insopportabile per ogni Leviatano. Per tutti i Leviatani.

Non è solo un corpo che attraversa il campus della Scienza e della Ricerca dell’Università Islamica Azad. È aria di libertà. Corpo di libertà e in libertà, laddove l’intimo non è una triste gabbia conformista da pagina alla moda. Neppure il grimaldello furbacchione di una finta emancipazione. Energia rara in risposta a monotone visioni ideologiche.

Di nuovo, ancora una volta, come in Up Patriots to arms di Franco Battiato giunge l’ora di fare abboccare all’amo gli ayatollah. Lungo strade parallele.

“Aghaz-e yek payan”! L’inizio della fine. Alle donne iraniane come Ahoo. Alla sua immagine potente. Ogni tanto i social media hanno un senso.

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