Fabiana Carbonaro (2002) si è diplomata presso il Liceo Classico Vittorio Emanuele-Giuseppe Garibaldi di Napoli. Nella stessa città frequenta il quinquennio di studi filosofici e teologici presso la Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale (Sezione San Luigi). Si interessa principalmente di relazioni di genere e dei rapporti tra fede cristiana e cultura contemporanea. 

Recensione a: E.J. Howard, Quel tipo di ragazza, Fazi Editore, Roma 2022, pp. 338, € 20,00.

Elizabeth Jane Howard (Londra, 1923 – Bungay, 2014), scrittrice britannica dalla vita travagliata, nella sua giovinezza ha dovuto confrontarsi con la depressione della madre e con le molestie subìte dal padre. Ha avuto dei brevi trascorsi come modella e attrice per poi dedicarsi alla scrittura. Ha avuto tanti uomini tra cui lo scrittore Kingsley Amis, il suo terzo marito. Il libro che presentiamo è stato scritto nel 1972, proprio durante gli anni di matrimonio con Kingsley. È stata autrice prolifica, che ha raggiunto l’apice del suo successo con la Saga dei Cazalet, composto di cinque volumi. Oltre ai cinque racconti, Fazi Editore pubblica anche Il lungo sguardo, All’ombra di Julius, Cambio di rotta, Le mezze verità, Perdersi e La ragazza giusta, fino al suo ultimo romanzo, intitolato Quel tipo di ragazza.

In quest’ultimo viene descritta l’apparente stabilità di una coppia, formata da Anne ed Edmund Cornhill, la cui relazione va avanti sin dalla loro giovinezza. Prima di andare a vivere insieme, Anne abitava in un appartamento buio e invaso dagli scarafaggi con due ragazze lavoratrici, Diana e Mary. Edmund, dal canto suo, era compagno di classe di un ragazzo che aveva una relazione proprio con quest’ultima. Vicissitudini varie hanno fatto sì che i due protagonisti del romanzo, all’epoca trentenni, si incontrassero nella casa delle ragazze insieme ad altre persone. Dopo il loro incontro, Edmund chiese ad Anne di sposarlo e lei acconsentì. Da qui, sono trascorsi dieci anni di matrimonio durante i quali i coniugi hanno vissuto in una splendida villa non lontana da Londra, una sorta di isola felice, in cui regnava una realtà idilliaca. Entrambi, ormai quarantenni, decisero di non avere figli. Proprio il giorno del loro decimo anniversario di matrimonio, compare la giovane Arabella, figlia della matrigna di Edmund, Clara. Poco più che ventenne, Arabella si presenta a casa dei coniugi Cornhill con un passato già denso di tante esperienze, in parte traumatiche. Il suo ingresso nella casa romperà presto i fragili equilibri su cui poggia la loro vita matrimoniale.

Arabella è una fanciulla ribelle e a modo suo sensibile e perspicace. Vissuta in giro per l’Europa, subisce l’indifferenza di una madre che l’ha abbandonata a sé stessa. Dimostra di credere nel vero amore e di assumersi le sue responsabilità. Si definisce rinchiusa e libera allo stesso tempo: «Io, in realtà, mi sento imprigionata, ma sento anche di avere una libertà totale, terrificante». Arabella è consapevole del suo passato e nutre qualche timore per il suo futuro. Questa sua consapevolezza la fa apparire brillante e affascinante al tempo stesso, ma non mancherà di crearle problemi. Alla fine della vicenda, sarà l’unica a uscirne arricchita. Da ragazzina che vagava per il mondo in cerca di stabilità diventerà una donna capace di affrontare una situazione più grande di lei.

Anne ed Edmund, da parte loro, rappresentano un modello di coppia che ha perso gli stimoli. Il loro è un matrimonio solido solo all’apparenza. In realtà, vivono in una sorta di bolla di sapone. Questo stato di sostanziale isolamento li protegge senz’altro dal timore del cambiamento, ma li allontana anche dalle loro responsabilità, soprattutto quelle che hanno l’uno nei confronti dell’altra. Non è difficile immaginare come una situazione così fragile possa essere sconvolta da un momento all’altro. Proprio su questo punto prenderà vita la narrazione, nel momento in cui Arabella sarà loro ospite per un breve periodo.

Questo libro ha un ritmo narrativo di intensità media, con tratti più dinamici e minuzioso nelle descrizioni. L’autrice utilizza sapientemente alcuni elementi, tra cui risalta più di tutti la pioggia, che non arriva mai a caso. Quando la Howard richiama il temporale sta per accadere qualcosa di angosciante, ma questo qualcosa avrà l’effetto di ripulire l’aria da ciò che l’ha inquinata. In altre occasioni leggiamo delle riflessioni personali con cui l’autrice arricchisce il suo testo: «Il segreto di una relazione seria era dirsi sempre quasi tutto». In maniera sottile, il romanzo esemplifica una tipologia di rapporti particolarmente fragili. Basare tutto sull’apparenza, rimandando sistematicamente l’appuntamento con le domande importanti, si rivela sempre una scelta sbagliata. L’Autrice dimostra che, se da una parte vale la pena credere nei legami e che uno sbaglio può migliorare la routine consolidata in tanti anni, dall’altra occorre avere il coraggio di prendere delle decisioni, lavorando su ciò che può essere nocivo in una relazione. La coppia di sposi aveva dei doveri da rispettare, come l’essere fedeli l’uno all’altra.

Come fa una ragazza di venti anni a rimettere in discussione così tanti anni di vita insieme? Questa risposta l’ha data Howard, dimostrando che chi crede nell’amore vero può concepire danni e sbagli come un modo per rinforzare un legame, ma anche che non bisogna dare per scontato l’amore e il rispetto se alla base non c’è un impegno reale. L’intera storia raccontata nel libro riflette bene tante relazioni quotidiane in cui si è coinvolti. In certi casi si ha paura di lottare. In altri casi si preferisce perdere piuttosto che insistere. In altri ancora si addossano colpe a terze persone. I rapporti più fragili sono quelli che non si curano. In definitiva, Howard mostra brillantemente la storia di un’occasione, di una novità che, nonostante la sua forza, non riesce a scardinare la routine e tutte le sicurezze che ne derivano. Arabella andrà via, mentre Anne ed Edmund faranno tristemente ritorno alle loro abitudini.                    

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